Omelia (05-01-2003) |
don Elio Dotto |
In principio «Chi ben comincia è a metà dell'opera» – dice l'antico proverbio. E la stessa esperienza comune ci conferma l'importanza dell'inizio, di ogni inizio: perché i primi passi sono sempre decisivi, e segnano – in un modo o nell'altro – il cammino che segue. Pensiamo semplicemente alla costruzione di una casa: un buon inizio, delle buone fondamenta, garantiscono un edificio stabile. L'inizio, il principio sta alla base di tutto e sostiene quello che viene dopo. Se questo è vero, appare di conseguenza decisivo sapere che cosa sta all'inizio della nostra vita e della vita di ogni uomo. Qual è stato il nostro principio? Dove è fondata la nostra quotidiana storia? Qual è l'origine del nostro cammino di uomini e di donne? Queste domande oggi suscitano in noi risposte poco positive: la nostra vita ci appare spesso così segnata dal male e dalla sofferenza tanto che ci risulta difficile immaginare un inizio buono, un principio bello. Non a caso la stessa Scrittura, nel racconto della Genesi, mette all'inizio della storia umana il gesto cattivo e disobbediente di Adamo ed Eva, gesto che fin dal principio compromette la loro vita. E certamente questo antico racconto la dice lunga sulla serietà del male che segna e rovina il cammino di ogni uomo e di ogni donna. Ma il Natale di Gesù che abbiamo appena celebrato ci dice che l'inizio, il principio, è un altro. «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,1-3: il Vangelo di domenica). All'inizio, al principio, non sta il male, il peccato, la sofferenza. All'inizio, al principio, sta il Verbo, la Parola che si è fatta carne, quella Parola che è Gesù di Nazareth. All'inizio, al principio, sta il Bambino di Betlemme, e la tenerezza che quel Bambino suscita nei nostri cuori: una tenerezza che non è emozione passeggera del giorno di Natale, ma è atteggiamento costante del Dio di Gesù, del suo e nostro Padre che sta nei cieli. All'inizio, al principio, non sta il male, ma sta la tenerezza fedele di Dio. Questa è davvero una bella notizia. E tuttavia questa bella notizia non ci toglie quella tristezza e quello scetticismo che spesso segnano la nostra vita: il Vangelo di Natale sarà pure bello, ma dove possiamo vedere questa tenerezza di Dio? Perché un conto è l'emozione che magari sentiamo in questi giorni di festa, un conto è la fatica quotidiana... A questa tristezza e a questo scetticismo è difficile rispondere partendo semplicemente dal Natale. Lo sguardo deve andare avanti, deve andare dal principio alla fine della storia di Gesù, dal Natale di Betlemme alla Pasqua di morte e risurrezione. Là, alla fine, sotto la croce, potremo vedere infatti come, nonostante la morte inflitta dagli uomini, nonostante le atroci sofferenze, nonostante il buio fitto, nonostante tutto la tenerezza di Dio – quella tenerezza che stava al principio – non si è spenta. Là, alla fine, sotto la croce, potremo vedere la verità del principio, perché là il Figlio non viene abbandonato alla morte, ma può abbandonarsi fiducioso nella braccia buone del Padre, anche se è buio, e il Padre stesso sembra - ma appunto soltanto sembra - lontano... Alla fine, nella Pasqua di Gesù, potremo vedere che davvero il principio della nostra vita è buono, che davvero siamo benedetti fin dall'inizio, e possiamo camminare con fiducia. E vedremo così la speranza alla quale siamo chiamati; una speranza che non delude, nonostante tutto; una speranza che è dall'inizio e che sarà sino alla fine dei nostri giorni. |