Commento su Mc 9,14-20
«E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono»
Mc 9,14-20
Come vivere questa Parola?
Appartenere alla cerchia di Gesù non garantisce in automatico l'esaudimento di ogni richiesta: i discepoli sono inermi di fronte al caso di un sordomuto straziato da uno spirito immondo. Spesso, per tanti frequentatori occasionali, andare da "quelli di Gesù", avvicinarsi cioè alla Chiesa, è lo stesso che rivolgersi ad un'agenzia di servizi da cui aspettarsi precetti, miracoli, sollievo dalle proprie pene. Gesù prende le distanze da questa banalizzazione del suo messaggio: la differenza la fa la fede, e non tutti sanno cos'è la fede. Anche nell'esercizio ministeriale della Chiesa esiste il pericolo di perdersi in ragionamenti che tagliano fuori Gesù da ogni considerazione, esiste un procedere che non è sostenuto dalla consapevolezza interiore, si emettono parole tuonanti che si spengono nell'inconsistenza e si disperdono come frecce scagliate a vuoto, si agisce in nome di uno conosciuto da lontano. Siamo tanto chiacchieroni e poco uomini, quando ci atteggiamo a religiosi che discutono, ragionano, programmano, ratificano, stilano progetti ed emanano norme: c'è tutto un muoversi, un agitarsi, un raggomitolarsi, un perdersi dietro al nulla, un inconcludente raggomitolarsi su se stessi... Occorre chiedersi se veramente procediamo dando retta solo a noi stessi. Occorre chiedersi se conosciamo veramente Colui di cui ci diciamo discepoli. Occorre chiedere e attendere in un silenzio carico di preghiera che la parola sia pronunciata da Colui davanti a cui si inchinano le potenze del cielo e quelle della terra.
E' molto più semplice indossare i panni di chi dà ordini, che mettersi nella disposizione di chi accetta di ricevere la verità. Il Signore mi educa ponendomi di fronte alla verità di me stesso. Oggi non voglio avvilirmi scoprendo i miei limiti e i miei difetti, quando persone o situazioni evidenzieranno questi lati deboli. Ne trarrò invece l'occasione di rinnovare la mia alleanza con Gesù, che mi vuole uomo fino in fondo e non ripetitore di verità astratte e sganciate dalla vita.
La voce di un Padre della Chiesa
E' testimone adeguato di se stesso colui che non è conosciuto se non tramite se stesso".
Ilario di Poitiers
Don Enrico Emili - enricoemili@tiscali.it