Omelia (03-03-2019)
padre Paul Devreux


Mi viene spontaneo citare questi detti di Gesù per pretendere di non essere giudicato.

Come mai non vedo la trave che ho nell'occhio, mentre vedo benissimo i difetti degli altri?

Mi sembra di capire che la mia cecità e tendenza a giudicare viene da un bisogno: il bisogno di sopravvivenza. Per sopravvivere devo difendermi e cercare sempre di emergere e di piacere. Se invece mi scopro povero, ho paura di essere rifiutato e marginalizzato.


Faccio un esempio. Domenica scorsa qualcuno mi ha citato il proverbio: "Chi semina grandine raccoglie tempesta". Subito ho pensato che poteva applicarsi a tante persone, ma non ho pensato minimamente che poteva essere vero anche per me. Eppure di tempeste ne ho raccolte tante. Come mai non riesco a vedere che ho seminato grandine? Perché normalmente, in tutte le situazioni, chi viene dichiarato colpevole viene marginalizzato e di questo ho paura. Perciò qualsiasi cosa faccio la considero giustificabile e quindi giusta, non condannabile. Vedo benissimo i difetti e le colpe degli altri; le mie non posso né vederle né ammetterle.

Chi mi darà la libertà di vedere?


Gesù prende il cieco nato, lo porta in disparte, lontano da quelli di cui ha paura, e lì lo ama cosi tanto da donargli la vista e la libertà di tornare a stare con gli altri. Vedere è una libertà che scaturisce dal sentirsi amati, accolti per quello che siamo. Più mi sento accolto, più sono libero di essere un povero, bisognoso degli altri e beato.

Quando confesso, vorrei poter dare prima l'assoluzione e poi ascoltare, perché è dal sentirsi accolti che nasce la libertà di spogliarsi e farsi vedere per quello che siamo. Di fatto, se ho la libertà di spogliarmi, è perché Dio mi ha già amato, altrimenti nessuno molla la sua corazza. Chi non si sente amato si chiude a riccio.


L'albero porta frutti buoni se pianta le sue radici nella Parola di Dio e se si lascia illuminare e scaldare da quel sole che è l'Amore Gratuito di Dio.

Più riesco a dare tempo al Signore nella mia giornata, più lo accolgo come maestro, più sono liberò di capire me stesso e gli altri, senza giudicare.