Commento su Gv 20,1-9
"Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti."
Gv 20,1-9
Come vivere questa Parola?
Nella nostra filosofia pratica del quotidiano poniamo l'evidenza a conclusione di qualsiasi argomento: con ottimismo mettiamo in atto una certa fiducia nei confronti di un bene da ottenere, e una volta che lo abbiamo sotto gli occhi lo diamo per conquistato. L'evangelista Giovanni non cessa di sorprenderci adottando la dinamica opposta: il discepolo che Gesù amava "vide e credette". Ecco che la fede è la virtù somma che viene auspicata per ognuno che si metta in cammino verso Dio, è il coronamento delle aspettative di chi ha il coraggio di entrare senza paura nei sepolcri della propria interiorità. È quanto fece ad esempio il monaco Antonio, che trascorse parte della sua esperienza di ascesi soggiornando tra le tombe degli Egizi, per affrontare a sconfiggere quella ancestrale paura che - familiare e spesso inconfessata per tanti di noi - agitava di spettri la sua mente. La fede è la facoltà che riempie l'uomo di immortalità e che evidenzia la sua chiamata a sopravvivere alla morte, per vivere senza fine in Dio.
In Dio la mia vita è sin da ora perfettamente compiuta, perché il nemico di sempre - la morte - è sconfitto una volta per tutte. Oggi prego in particolare perché la fede che ho ricevuto in dono diventi in me sempre più consapevole, un "sesto senso" di cui ho cognizione e faccio esperienza, e determini l'atteggiamento di fondo nell'affrontare le varie situazioni, fino a che il camminare incerto ceda il posto all'entusiasmo del correre.
La voce di un Teologo
"L'uomo non raggiunge veramente se stesso tramite ciò che fa, bensì tramite ciò che riceve. Egli è tenuto ad attendere il dono dell'amore, e non può accogliere l'amore che sotto forma di gratuita elargizione"
J. Ratzinger
don Enrico Emili - enricoemili@tiscali.it
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