Omelia (02-06-2019)
don Luciano Cantini
Distacco e comunione

Così sta scritto

Nel Libro degli Atti degli Apostoli troviamo: Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni (At 1,3), da qui nasce la scansione dei tempi liturgici che ci fa celebrare l'Ascensione dopo quaranta giorni dalla Pasqua. Sappiamo bene però che il numero quaranta ha un significato qualitativo; Luca stesso, autore degli Atti e del Vangelo, in quest'ultimo, pone l'Ascensione al termine della convulsa giornata della Resurrezione, il «primo giorno della settimana» (Lc 24,1). Nel racconto di Luca le donne giunsero al sepolcro trovandolo vuoto, incontrarono due che gli dissero "non è qui, è risorto" (Lc 24,6), anche gli apostoli andarono a verificare; in quello stesso giorno (Lc 24,13) due discepoli delusi tornarono a Emmaus e lì riconobbero il Signore che li aveva accompagnati; tornati in fretta a Gerusalemme ecco che il Risorto si mostrò agli apostoli e mangiò con loro e affidò la missione della testimonianza, andando, poi, verso Betania si staccò da loro.

La questione non è di stabilire una cronologia dei fatti quanto di comprenderne il mistero: la resurrezione, come l'ascensione, la missione degli apostoli e della Chiesa sono un tutt'uno inseparabile.


A tutti i popoli

Il messaggio di Gesù non è appannaggio di un solo popolo, relegato in un gruppo privilegiato ma è rivolto a tutta l'umanità perché realizza il disegno d'amore di Dio: che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo (Ef 3,6).

Non c'è possibilità di partecipare alla stessa promessa vivendo per sé stessi, nella ricerca della propria elevazione spirituale, piuttosto orientando la propria vita per il bene degli altri; questo è il senso della "conversione" di cui parla il vangelo "per il perdono dei peccati". Nel cambiamento del proprio comportamento, in cui non si pensa più a sé stessi ma agli altri, non a soddisfare i propri bisogni, ma le necessità degli altri, si concretizza la cancellazione del peso che il peccato comporta.


Di questo voi siete testimoni

I discepoli, adesso, sono chiamati ad essere testimoni dell'opera di salvezza compiuta dal maestro Gesù; tutti noi abbiamo ricevuto la medesima chiamata, tutti i battezzati hanno la responsabilità di rendere testimonianza. Sul senso della testimonianza non finiremmo mai di giungere ad una conclusione. A volte si pensa che per essere testimoni bisogna fare chissà cosa, ma il testimone, in genere, sta solo a guardare cosa fanno gli altri! La prima testimonianza che ci coinvolge e solo quella di stare a vedere cosa Dio sta facendo in noi, come in noi agisce il suo amore e la sua misericordia: è la "sua" opera l'oggetto della nostra testimonianza. Dio continua ad amarci, a perdonare; Dio non ha mai smesso di condurre la storia colmandola della sua misericordia: di questo voi siete testimoni.


Poi li condusse fuori

Gesù chiede ai suoi di rimanere in Gerusalemme finché non siate rivestiti di potenza dall'alto, ma intanto li condusse fuori. Dopo lo scossone della passione, la meraviglia della resurrezione sembra arrivato il momento di assaporare la gioia della "presenza"... l'invito a rimanere lo fa sembrare, ma non è così. La vita è cammino, movimento. Gesù è dinamico: quando crediamo di averlo afferrato, lui è oltre, è già altrove. Gesù sceglie di restare, andandosene. Il Vangelo di Luca finisce qui con una assenza segno di una presenza, con un distacco che diventa comunione, un vuoto che è pienezza, una malinconia che è grande gioia.