Omelia (12-01-2003)
mons. Antonio Riboldi
Un Natale forse dimenticato

C'è nella nostra vita di Cristiani un giorno - il giorno meraviglioso, mi piace definirlo - in cui siamo "rinati", ossia abbiamo davvero conosciuto e iniziato il cammino della nostra vita.
Nascendo, lo sappiamo tutti, noi veniamo alla vita, un poco come orfani, ossia privati dalla paternità che conta, quella, di Dio, da cui veramente siamo stati creati e che, per natura, è il vero nostro Padre.
Pesava su di noi, su tutti noi, l'insopportabile peso di quella cacciata dal Paradiso, che conobbero i nostri, padri. Ingannati dal serpente, credettero di essere loro soli la sorgente della vera vita, il fine, l'eternità di gioia:
tutte realtà meravigliose, che sono di Dio, creatore, e non possono mai essere delle creature.
Queste al più, per divina bontà possono, come "pianeti", essere illuminate e partecipare della luce del sole. Fu ed è la più grande sofferenza quella di sentirsi "fuori casa", come orfani.
Ma l'amore di Dio non volle accettare di essere un Padre distratto, indifferente alla sorte delle sue creature. E il suo amore, che quasi svela il bisogno di avere i figli tutti in casa, nella sua casa, si manifestò nel Natale del Figlio Gesù, fattosi uomo come noi e quindi calato nella nostra miseria.
Raccontano gli evangelisti che Gesù, dopo 30 anni di vita nascosta, in cui cresceva in età, sapienza e grazia, scoprendo così la volontà del Padre, un giorno si presentò a Giovanni il Battista, che battezzava quanti andavano da lui, nelle acque del Giordano:
un battesimo di penitenza, destinato a lavarsi dai peccati. "Convertitevi e fate penitenza" era il grido di Giovanni. Si meraviglia Giovanni della richiesta di Gesù di essere battezzato, ma alla fine cede e lo battezza.
"In quei giorni - racconta Marco - Gesù venne al Giordano per essere battezzato da Giovanni. Uscendo dalle acque, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".
Desta molta meraviglia che anche Gesù, come fosse uno di noi, Lui che era Dio, e quindi la perfezione infinita, si comportasse come un peccatore, e non avesse alcuna vergogna di presentarsi a Giovanni per farsi battezzare.
In quel momento Gesù volle davvero "mettersi nei nostri panni", come uno di noi, ma certamente non come noi nel cuore, per ancora una volta dimostrare che "incarnarsi" in chi si ama, significa mettersi nei suoi panni.
E i nostri sono davvero panni immondi. Ma è anche il momento in cui l'umiltà di Gesù, incredibile per noi, che ci crediamo perfetti come fossimo dèi e non lo siamo, dà luogo alla manifestazione del Padre, che dice apertamente Chi Gesù è: "Tu sei il Figlio prediletto in cui mi sono compiaciuto".
Un battesimo che presenta al mondo di ieri e di oggi la vera natura e presenza di Gesù: "Il Figlio prediletto".
Ed è come se in quelle acque Gesù abbia deposti tutti i peccati del mondo, purificati tutti gli uomini e quindi riaperte le porte del Cielo. Il Padre, così, tornava a tessere la sua storia di amore con noi, ripetendo un giorno nel nostro Battesimo: "Tu sei mio figlio".
"Io, il Signore, dice il profeta Isaia, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi, e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre" (Is.42,6-7).
Anche noi cristiani, un giorno, abbiamo conosciuto la gioia del battesimo. Non ho esitazioni nel definirlo, se consideriamo la nostra vita come un ritorno alla casa del Padre, come figli, il vero nostro Natale: quello che conta: quello che va oltre i confini della esperienza eterna e ci fa conoscere l'eternità con Dio; quello che fa di ogni nostro giorno, vissuto da battezzati, alla stupenda luce dell'amore del Padre, una vita che non è più un camminare da orfani senza meta e senza amore, ma sotto gli occhi di Chi ci ama come un vero papà, Dio.
Era un sentimento fortissimo, nei nostri genitori, quello di considerare come vero nostro Natale, il giorno del Battesimo. Tanto è vero che venivano battezzati quanto prima: possibilmente il giorno stesso della nascita o i giorni più vicini.
Nato il 16 gennaio, tempo di neve, mamma non sopportava che fossi "senza nome, quello dato da Dio nel Battesimo" e quindi pregò papà che mi portasse, nonostante la neve, in Chiesa per essere battezzato.
E fui battezzato così, il giorno dopo, festa di S. Antonio e mi fu dato nome di Antonio. Anche a me fu consegnata la veste bianca, simbolo di una santità che doveva essere la veste della mia vita: mi fu data una candela, simbolo della luce della parola di Dio, luce ai miei passi: mi furono toccate labbra e orecchi perché potessi sempre dare ascolto a Dio e parlassi parole di Dio.
Follia? Non credo: direi piuttosto coscienza che quel giorno era il primo giorno festoso della nuova vita.
Oggi siamo come travolti da una mentalità errata, che considera il Battesimo una cerimonia svenduta al consumismo.
Ossia ci si preoccupa delle esteriorità, mettendo in un angolo la bellezza del sacramento, che si scorda presto. Giustamente mi diceva un giorno un uomo: "Oggi tutto costa: dal Battesimo, alla Prima Comunione, al Matrimonio e persino alla morte.
La vita è diventata, in queste solenni circostanze, che dovrebbero tenere lontano ciò che è profano, un grande affare da multinazionale...a spese del bello che viene da Dio". E non gli si può dare torto, se si guarda a come ci si accosta a questi immensi doni del Padre, che dovrebbero essere profondamente il senso della nostra vita.
C'è lodevolmente nella liturgia di rito ambrosiano, nella Messa, nella liturgia delle Ore, un continuo richiamo al Battesimo, come a ricordarci che e nel Battesimo che siamo entrati nella vita vera e quindi dobbiamo non solo ringraziare, ma impostare la vita sul Battesimo:
con quella veste candida che, forse, dobbiamo ritrovare se l'abbiamo smessa, per vestire non si sa quali abiti di mondo: con quella candela accesa, forse caduta di mano e finita chissà dove, facendoci cadere nel buio del cuore che fa tanto soffrire.
Dovremmo, almeno iniziando la giornata, quando ci facciamo il segno della croce, ricordarci che non apparteniamo più a questo mondo, come esuli dalla patria celeste, ma siamo figli del Padre, figli dell'eternità beata.
Non rimane che riscoprire la bellezza del nostro vero Natale, ossia il giorno del Battesimo e farne "il giorno della vita eterna".
O Padre, che nel battesimo del Giordano con l'autorità della tua voce e la discesa dello Spirito Santo ci hai presentato solennemente il Signore Gesù, come l'Unigenito che Tu ami, dona a noi, rigenerati dall'acqua e dallo Spirito e divenuti tuoi diletti figli, di vivere senza smarrimenti, secondo il tuo disegno di amore, e ravviva ogni giorno in noi la grazia battesimale.