Omelia (02-11-2019)
padre Gian Franco Scarpitta
Purgatorio trionfo dell'Amore

Se si vuole dar seguito alla riflessione che ieri si faceva su tutti coloro che hanno meritato gli onori degli altari per essersi conformati pienamente a Cristo nell'eroismo delle virtù e nello speciale indice di perfezione umana e spirituale, occorre aggiungere che i cosiddetti "Santi" godono per gli stessi meriti l'uniformità della gloria celeste e tutti, nessuno escluso, si trovano nello stato della continua contemplazione del Risorto, che li ha assunti tutti accanto a sé. Per ciò stesso essi possono intercedere a nostro favore e inculcarci amore verso lo stesso Cristo, che è all'origine di ogni perfezione. I Santi che hanno seguito le orme del Cristo Crocifisso e Risorto, adesso presso di lui possono guadagnarci grazie spirituali e favori divini e come gli uomini dalle vesti candide di cui in Ap 6 - 8 impetrano da Dio la giustizia per il nostro mondo.
La giornata di oggi ci invita invece a soffermarci su altri defunti, che non hanno ancora avuto modo di raggiungere lo stato della gloria piena, che non hanno ancora conseguito cioè il Paradiso alla pari dei succitati uomini illustri per virtù eroica, ma che possono ancora raggiungere questa meta grazie al costante intervento della stessa grazia di Dio Amore e misericordia che tutti vuole salvi e grazie ai nostri suffragi e alle nostre preghiere: le anime del Purgatorio.
Nella "Gerusalemme celeste" identificata con il paradiso "nulla di impuro può fare ingresso"(Ap 21, 27) e non vi è posto per coloro che si sono macchiati di misfatti o che non si siano del tutto purificati. Ecco perché la Tradizione della Chiesa ci insegna, sulla base della Scrittura che coloro che volutamente hanno rifiutato con ostinazione la misericordia di Dio affidando se stessi al peccato e al mistero dell'iniquità, hanno scelto da se stessi di precipitare nel baratro dell'inferno, realtà purtroppo esistente e riservata a quanti hanno preferito il peccato a Dio. L'inferno, descritto nelle svariate forme rappresentative a volte con l'immagine simbolica del fuoco eterno, è in realtà una condizione definitiva di condanna in cui l'anima viene a trovarsi dopo la morte per aver compiaciuto se stessa e per essersi autoesaltata attraverso il male, la costanza nel peccato respingendo così categoricamente l'amore e la gratuità salvifica del Signore. Lo stato di dannazione in cui versano le anime dannate consiste proprio nell'esclusione da Dio, unico sommo bene del quale allora (dopo la morte) avvertiranno la mancanza sperimentando questa come un dolore atroce continuo. Essere lontani da Dio ed autoescludersi dalla salvezza in effetti è la condanna peggiore che possa subire un'anima già nella vita presente quando il peccato è solo chimera e illusione di vita; ancor di più nella dimensione ultraterrena, dove l'anima, che è la parte fondamentale dell'uomo, non potrà ricongiungersi alla proprie origine (Dio).
Qual è il destino invece per le anime di coloro che, pur avendo lottato senza sosta per la perfezione, non hanno ottenuto lo stato di grazia e di purificazione tale da meritare il Paradiso? A cosa vanno incontro insomma quelle anime che, pur essendo trapassate in stato di grazia, non si sono ancora del tutto purificate?
Isolati passi della Scrittura (2Mac 12, 42 - 46; 1 Cor 3, 15) e la Tradizione della Chiesa ci descrivono per essi l'esistenza di uno stato di purificazione da tutti i rimasugli di imperfezione e dalle scorie residue di peccato, necessario affinché esse possano raggiungere il paradiso in un secondo momento, definito nel corso dei secoli con il termine di "purgatorio". Poiché appunto "nulla di impuro" può entrare nella Gerusalemme celeste (Ap 21, 27) è concessa loro la possibilità di una purificazione intermedia, perché possano essere liberati da ogni residuato di colpa che è a loro di ostacolo per il raggiungimento della gloria definitiva.
Santa Caterina da Genova descrive lo stato delle anime purganti come una dimensione in cui si vive maggiore gioia e letizia rispetto a questa terra, ma nella quale al contempo si soffrono dolori più opprimenti di quelli subiti in questa vita. Quali patimenti soffrono le anime, contestualmente ai benefici? Non è spiegato dettagliatamente e mistici e teologi forniscono pareri differenti, tuttavia è certo che la pena più atroce per un'anima consiste nell'assenza di una comunione piena con la sua origine, Dio. Le anime purganti questo soffrono: la momentanea impossibilità di potersi immedesimare nella gloria piena, il distacco parziale da Dio e dalla sua magnificenza e gloria indefinita. Una condanna che è atrocissima per coloro che precipitano all'inferno (dove l'assenza di Dio è totale ed eterna), ma che l'anima soffre già in questa vita, nonostante le apparenze, tutte le volte che viene soggiogata al peccato e alla concupiscienza. Il peccato e l'imperfezione contrassegnano il deliberato rifiuto della misericordia e dell'amore, sono opposizione netta alla salvezza e pertanto allontanano da Dio e già nel percorso terreno non è possibile considerarci appagati qualora la nostra vita soccomba al male e alla peccaminosità. Nella dimensione ultraterrena, la sofferenza per la distanza da Dio è maggiore e nel purgatorio è indice di sofferenza e di patimenti, sia pure momentanei.

Ciononostante, a prescindere dagli aspetti sfavorevoli, vale la pena considerare il purgatorio dal punto di vista dei vantaggi e dei benefici di cui le anime purganti senza ombra di dubbio dispongono. A detta di un teologo, il purgatorio va identificato come "l'atrio (o anticamera) del paradiso" poiché è garante di salvezza anche a prescindere dalla nostre imperfezioni terrene. La stessa possibilità data da Dio di poterci perfezionare anche dopo la vita terrena è indice della predilezione e dell'amore con cui il Signore vuole elevarci a sé a tutti i costi e in assenza di una purificazione intermedia non faremmo in effetti la vera esperienza del vero Amore divino.
Se infatti dovesse esistere la sola realtà dell'inferno in antitesi al paradiso, avremmo a che fare con un Dio "aut. aut" (o ti salvi o ti danni) che non corrisponderebbe affatto al Signore della misericordia rivelata, ma non farebbe che limitarne l'efficacia di onnipotenza e per l'appunto la grandezza di bontà e di misericordia.
La stessa misericordia divina è altresì sollecita verso le anime purganti, secondo certuni anche con la compagnia frequente degli angeli; offre loro ogni risorsa e ogni possibilità di espiazione, concede senza misura ogni mezzo affinché possano al più presto raggiungere la dimensione della gloria paradisiaca e lo stesso sangue già versato da Cristo e dai santi martiri si applica a vantaggio delle espiazioni dei nostri defunti.
Per ciò stesso Dio accoglie le nostre preghiere e i nostri suffragi a vantaggio dei defunti. Qualsiasi orazione rivolta con fede a loro vantaggio ottiene indulgenza al loro stato di purificazione; qualsiasi Eucarestia applicata a un defunto è sacrificio di espiazione nel quale lo steso Cristo interviene a favore delle anime dei nostri defunti; ogni opera di bene contribuisce ad espiare i loro residuati di colpa. Ogni atto di fede e di carità a loro vantaggio allevia notevolmente i patimenti e avvia assai più speditamente i nostri cari verso il paradiso e nel frattempo rende salda la nostra comunione con loro, poiché il vantaggio che ad essi favoriamo fa in modo che li sentiamo sempre presenti e in un certo qual modo solleciti nei nostri confronti.
Nella purificazione c'è pertanto il trionfo dell'Amore.