Omelia (01-11-2019)
don Mario Simula
UOMINI E DONNE DELLE BEATITUDINI IN INCOGNITO

La chiamata dell'Umanità alla salvezza non esclude nessuno. Anche l'uomo più dimenticato, anche la persona più peccatrice, anche chi non ha mai sentito parlare di Gesù Salvatore, morto e risorto. Tutti siamo chiamati ad entrare nell'esperienza dell'Amore di Dio. Dio è di tutti. Dio è per tutti. E se qualcuno rimane fuori dall'avventura dell'annuncio bello del Vangelo, la domanda di resa dei conti non va rivolta a chi è rimasto fuori, ma a noi che "abbiamo visto il Signore". Siamo noi a doverci domandare come e quanto abbiamo sentito urgere dentro di noi il fuoco di Nostro Signore; siamo noi che dobbiamo chiederci come è stata la qualità della nostra vita in modo che parlasse soltanto attraverso l'essere vissuta; siamo noi che dobbiamo verificare lo stile di vita delle nostre comunità di credenti, discepoli del Signore Risorto. Il testo dell'Apocalisse, nel linguaggio che gli è proprio, vuole dirci queste cose e vuole mettere inquietudine alla nostra tranquillità e vuole smontare le nostre false motivazioni.

Siamo noi "la generazione che cerca il volto del Signore", se lo smarrisce. Lo cerca anche quando è nel dubbio e anche quando il peccato ci fa allontanare da Lui e ci rende opachi agli occhi dell'umanità. La lettera di Giovanni ci assicura che quando saremo col Signore "lo vedremo così come egli è". E' soltanto un futuro incerto e nebuloso, vago e dubbioso? No. E' la certezza. Non soltanto dopo la morte.

Ma oggi. Oggi io sono colui che vede Dio così come egli è e guardando a lui divento radioso, splendente di bellezza, testimone di una felicità che, se non è ancora posseduta in pienezza, è già dentro la nostra vita; è la nostra eredità.

La santità, parola inconsueta e quasi preclusa alle persone feriali che soffrono le fatiche e alimentano speranze e piangono, ci riguarda tutti. Un operaio in cassa integrazione, un sindacalista giusto che si batte per diritti sacrosanti, una madre che vive il lavoro e il tempo nella sua casa, gli adolescenti ribelli e smarriti, i malati degli ospedali, i carcerati, gli uomini che hanno messo su casa sotto i ponti o nei portoni, gli immigrati sballottati tra una cancelleria e l'altra dei nostri Stati Civili e purtroppo ormai schiacciata da una cultura nobile e decaduta.

Non è roba da preti, frati e suore come la stragrande maggioranza delle persone crede. Con scandalo, tante volte, perché la santità creduta non corrisponde alla santità vissuta.

La santità è beatitudine alla maniera di Dio e di Gesù suo Figlio che l'ha incarnata pienamente e in modo sconcertante.

La beatitudine dei poveri, perché ad essi appartiene il regno dei cieli. La beatitudine degli afflitti che trovano la consolazione più profonda, quella del cuore, quella di Dio che non tradisce mai. La beatitudine dei costruttori di pace: ad essi soltanto appartiene la terra anche se i potenti e gli ingordi e mercenari di umanità la spadroneggiano. La beatitudine dei puri di cuore che vivono quella rettitudine quotidiana inspiegabile, ma che si comprende facilmente se si pensa che la ereditano da Dio e dalla contemplazione del suo volto. La beatitudine dei perseguitati per causa della giustizia, i veri martiri che costruiscono civiltà e mondi nuovi. La beatitudine dei miti che non sanno nemmeno cosa sia la violenza, ma patendola iniziano a minarla dalle fondamenta. La beatitudine di chi ha fame e sete di giustizia, solo essi parteciperanno al banchetto preparato da Dio per i suoi servi fedeli. La beatitudine dei misericordiosi il cui cuore incendierà di amore il mondo e nella loro grandezza d'animo sperimenteranno l'inesauribile misericordia di Dio.

Questi sono i santi antichi e i santi moderni, quelli del passato, del presente e del futuro. E non c'è bisogno di scovarli chissà in quale angolo recondito e nemmeno cercarli col lanternino come se fossero una rara eccezione. Sono i santi di ogni giorno nascosti ai più, ma non a Dio. Silenziosi, ma più eloquenti di ogni rivoluzione.
Don Mario Simula