Omelia (01-11-2019) |
Omelie.org (bambini) |
Buona festa a tutti voi ragazzi! Oggi è un giorno solenne, cioè importante, anche se non è domenica, perché proprio oggi i cristiani celebrano una festa che è di tutti. In genere, ogni giorno, festeggiamo un santo solo di cui conosciamo il nome: ad esempio San Pietro, San Paolo, Sant'Antonio, Santa Rita... oggi invece celebriamo la festa di tutti i Santi. Nel dirvi questo voglio chiarire con voi un'altra cosa: pensiero comune è che i santi siano tutte quelle persone buone che sono morte e che ora sono in paradiso. Questa è una parte di verità che c'è nella nostra festa, ma ce n'è anche un'altra che ci riguarda personalmente. Oggi è la festa di tutti noi che siamo SANTI per vocazione. Cos'è la vocazione? Questo termine prende origine dalla parola latina "vocare" che significa CHIAMARE. Chi ci chiama è Dio. Dio, durante la vita, ci chiama spesso e in modo importante. Ad esempio, è lui che, attraverso il papà e la mamma, ci chiama ad esistere, ma è ancora lui che ci chiama alla salvezza, alla grazia, cioè alla bellezza, alla piena realizzazione di noi come persone, ma anche come credenti. Il battesimo, ad esempio, è un'altra chiamata importantissima perché, attraverso questo sacramento, noi diventiamo cristiani, segnati col sigillo della croce. È come un tatuaggio invisibile ai nostri occhi e a quelli degli altri, ma di fatto questo tatuaggio, questo segno, dice che la nostra vita è legata al Signore che ci ama e si prende cura di noi. Perché Dio fa tutto questo? Perché ci vuole nella gioia, nella piena felicità. Avete inteso oggi quante volte viene detta la parola BEATI? Almeno otto volte! Anche noi usiamo questo termine per dire che una persona è fortunata. Diciamo "beato te che sei stato fortunato perché oggi, che non eri preparato, l'insegnante non ti ha interrogato; beato quell'amico che è andato in vacanza in quel determinato posto; beato quel compagno al quale è stato regalato quel gioco"... e così via. Il nostro modo di pensare la felicità è legato a cose piccole che magari si rompono o che durano poco, come potrebbe essere un gioco o una vacanza. La beatitudine, la felicità a cui Gesù chiama coloro che gli appartengono perché battezzati in Lui, è qualcosa di molto più importante e soprattutto che niente e nessuno potrà mai toglierci, neppure la malattia, la povertà e soprattutto la morte. Se saremo capaci di mettere in pratica queste beatitudini noi saremo davvero fortunati, ricchi. La prima beatitudine ci invita a fidarci di Dio, del suo amore, della sua provvidenza, ci invita a condividere ciò che abbiamo con chi non ha, con chi ha meno possibilità. Gesù, venendo nel mondo - dice san Paolo - si è fatto povero e con la sua povertà ci ha arricchito. Voi direte: "ma come è possibile, come può una povertà diventare ricchezza per tutti?" È la povertà di chi si fida del Signore e della sua provvidenza. Qualche capitolo dopo il Vangelo di oggi, Gesù dirà non preoccuparci di quello che mangeremo o di quello che indosseremo: di queste cose si preoccupano i pagani, cioè coloro che non conoscono il Signore, coloro che non credono in lui. Perché non bisogna preoccuparsi? Perché Dio - dice sempre Gesù - si prende cura delle cose più piccole: infatti lui provvede il cibo per i passeri del cielo, veste i gigli del campo rendendoli davvero belli... se fa questo per le cose che sono piccole e che non valgono molto, avrà ancora più cura di tutti noi! Concretamente cosa può voler dire per un ragazzo della vostra età? Significa imparare a non pensare solo e soltanto ai propri interessi ma imparare a guardare a chi, accanto a noi, ha qualche difficoltà. Per esempio vi sarà capitato qualche volta che in classe qualcuno non avesse la merenda perché magari l'aveva dimenticata oppure non poteva comperarla! Credere in Gesù significa avere gli occhi aperti e attenti per condividere anche una sola caramella, e non solo col compagno che ci è simpatico, ma con tutti. Voglio lanciarvi una sfida: provate per un mese a vivere con attenzione nei confronti degli altri mettendo in pratica questa pagina di Vangelo che definisce fortunati, BEATI coloro che sanno condividere con gli altri ciò che hanno, che sanno costruire la pace anche in classe, che sono miti, cioè non violenti non solo con le mani ma anche nel linguaggio, che sono misericordiosi, cioè capaci di perdonare per primi, che sono puri, che significa veri, cioè non bugiardi! Vedrete che questo impegno di vita vi aiuterà a crescere bene e nella gioia. Essere santi non significa soltanto pregare. La preghiera è un aiuto per accordare il nostro cuore al cuore di Dio, ma poi sono le opere che dicono che noi gli apparteniamo. Io suono la chitarra. Ogni volta che devo suonare controllo se la mia chitarra è accordata bene, accordare bene la chitarra, significa far si che il suo suono sia armonioso bello all'ascolto. La preghiera è l'accordatura del nostro cuore al cuore di Dio, è come se da lui prendessimo il "LA'" giusto. Se la preghiera ha accordato bene la mia vita alla parola di Dio, alla sua volontà, allora sarà bello e armonioso il mio modo di comportarmi, il suono dei miei gesti verso tutti risulteranno piacevoli. Non so se questo esempio è chiaro. Io ho pensato di vivere questo mese accordando ogni mattina il mio cuore alla voce del Signore... e voi? Buona festa di tutti! Commento a cura di Piera Cori |