Omelia (24-12-2019)
Missionari della Via
Commento su Luca 2,1-14

Natale, un Bimbo da accogliere ed amare ci è dato per noi. Un dono dall'alto, come ogni bimbo che nasce. Un Dio che si fa bambino, nato in mezzo a tante incomprensioni e disagi nonostante la sua debolezza ci dà salvezza. «Possiamo ben dire che Betlemme se per noi è una meraviglia, una nota poetica, per chi ha vissuto quella nascita è un evento di amore drammatico, una lotta contro tutte le forme di indifferenza con la quale una famiglia di Nazareth ha dovuto convivere, e non una famiglia qualsiasi, ma quella che aveva in custodia il Dio con noi» (suor Chiara). Dove, come e quando viene al mondo Gesù? La nascita di Gesù avviene al tempo in cui Augusto, per affermare il suo dominio, per contare quante gente sta sotto di lui, emette un decreto che ordina il censimento di tutta la terra, dove le persone diventano parte di un sistema, solo un numero, solo una parola da registro, anziché essere parola che si incarna come Cristo. Questo bimbo nasce in questo contesto: Cristo non cambia le cose dall'esterno, ma dall'interno. Giuseppe sale a Betlemme per il censimento, e Maria lo segue. Sembra a prima vista quasi una violenza, viste le condizioni di Maria, e invece è la divina Provvidenza che li sta guidando. Giuseppe deve stare lì. Non è un posto qualsiasi, si tratta di Betlemme, il luogo dove si compie la profezia. Dunque il Vangelo entra in una storia umana, una storia che sembra guidata da forze umane, esterne, a volte dispotiche, ma Dio, nonostante tutto, porta sempre avanti la propria storia.

Giuseppe e Maria, quando arrivano a Betlemme, non trovano posto nell'alloggio, nel luogo dove passa il censore perché lo riconosca come loro. Qualcun altro sta occupando questo luogo: i parenti di Giuseppe che non cedono lo spazio. Non importa che Maria stia partorendo, i parenti la rifiutano, non la aiutano, non c'è posto per loro. Da questo comprendiamo che: «non sono le nostre strutture familiari che danno spazio alla nostra fede. Ciò che Dio sta facendo non incontra accoglienza; Maria e Giuseppe sanno cosa Dio sta facendo ma gli altri no. Sono rifiutati, sparlati [...] se la nostra fede è basata su affetti umani e potere, non è fede, è convenienza, confort. La fede cresce in questi contrasti. Maria genera la vita divina nel rifiuto della vita umana, proprio da parte dei parenti, i primi che dovrebbero accoglierli. La fede cresce, diventa più autentica in questi contesti. Maria deve partorire in questo contrasto: sta nella casa ma è fuori, nel retro, sotto il decreto di Cesare ma nasce il figlio di Dio».

Mi domando, anzi ci domandiamo tutti insieme: se Giuseppe e Maria bussano alla nostra porta c'è posto per loro? C'è tempo e spazio per Dio nella nostra vita? Spesso, non è Dio ancora ad essere respinto da noi? Noi vogliamo le cose che si possono toccare, la felicità che si tocca, quella a buon mercato e non rimane nessuno spazio per Dio! Preghiamo perché diveniamo vigili, perché nel nostro intimo ci sia spazio per lui che vuol nascere anche in noi.

Dopo, dove ha partorito Maria non è chiaro ma dove ha posto il bambino è chiaro: in una mangiatoia e questo è il segno per i pastori: «troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia». Gli angeli sottolineano questo segno per riconoscere Gesù. Maria dopo averlo avvolto in fasce lo depone in una mangiatoia. Chissà che dolcezza, che tenerezza, che cura nell'accudire questo Bambino inerme che è Dio in terra.

Maria lo accoglie e lo adagia in una mangiatoia, dato che non vi è altro posto. È curato, ma sta nel posto sbagliato. In genere non è la mangiatoia il luogo di un neonato. La mangiatoia è il luogo dove mangiano gli animali. Da una parte il bambino è curato, dall'altro trascurato. Sarà così per tutta la vita: acclamato e accusato, osannato e crocifisso. Anche la nostra fede conosce questo: cura e trascuratezza, accoglienza e rifiuto, intimità con Dio e estraneità al mondo.

A Betlemme che significa città del pane, il bambino è deposto nel luogo dove mangiano gli animali. Il Messia non è lì per mangiare, ma per essere mangiato. Sta nel posto dove è il cibo. Maria genera nella fede Colui che si fa pane, Colui che è il vero cibo e la vera bevanda che sazia la fame e la sete di ogni uomo. Noi mangiamo tante cose: per il corpo, per la mente, ma non quello che nutre la nostra l'anima. Gesù viene perché mangiamo il cibo giusto e ricominciamo la nostra relazione con Dio. La nascita del Salvatore, con tutto ciò che dona, viene per primo annunciato ai pastori, gente semplice, gente che veglia di notte. Il pastore è l'immagine di colui che veglia, che cerca, che sa fare silenzio, che attende il Salvatore. Questo pastore, insomma, è l'uomo in ricerca del vero, del bello, del buono, dell'uomo che ha capito che la vera gioia viene dal cielo e non dalle cose della terra. Ci conceda il Signore di celebrare il Suo Natale, con quel trasporto, con quella gioia che manifestava S. Francesco d'Assisi contemplando tutto ciò: «Più di qualsiasi altra festa Francesco celebrava con una gioia indescrivibile il Natale. Diceva che questa era la festa delle feste, perché in questo giorno Dio è diventato un bambinello e ha succhiato il latte come tutti gli altri bambini. Abbracciava con tenerezza e trasporto le immagini che rappresentavano Gesù Bambino e pronunciava pieno di compassione parole dolci come i pargoli. Sulle sue labbra il nome di Gesù era dolce come il miele» (FF 787). Buon Natale a tutti!