Omelia (01-01-2020)
diac. Vito Calella
Come Maria madre di Dio, auguriamoci la pienezza della triplice benedizione del Signore

La preghiera di benedizione attestata nel libro dei Numeri veniva pronunciata solennemente dai sacerdoti del popolo di Israele ed oggi è il primo annuncio della parola di Dio per tutti noi, che cominciamo il nuovo anno. Basterebbe soltanto custodire nel cuore il sacro nome di Dio, JHWH, ripetuto tre volte, che significa «Ci sono che ci sono», per procedere fiduciosi nel cammino della nostra fragile e vulnerabile esistenza quotidiana. Non è un "dato per scontato" vivere consapevoli di essere costantemente accompagnati dalla presenza fedele e misericordiosa del Padre unito al Figlio nell'eterna relazione di gratuità dello Spirito Santo.
Per fortificare in noi questa consapevolezza del Dio Trino ed unico già in noi e con noi, all'inizio di ogni anno siamo invitati a contemplare Maria la madre di Dio, della quale l'evangelista Luca annota la luminosità del suo silenzio e del suo saper essere una donna con uno sguardo contemplativo: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).
Il testo più antico del Nuovo Testamento che ci parla di Maria è proprio quello della lettera di san Paolo ai Galati ascoltato oggi. L'apostolo, ispirato dallo Spirito Santo, non scrive nemmeno il nome di Maria, ma riferisce di una «donna», senza pronunciarne il nome. Ci annuncia che siamo già nella «pienezza del tempo» da quando è avvenuto nella storia dell'umanità e del mondo il mistero dell'incarnazione, cioè da quando «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge» (Gl 4,4). Dio è l' «Io ci sono» nella mia, nella tua, nella nostra esistenza fragile e vulnerabile, in tutte le fasi della vita, prospere e carenti, gioiose e dolorose, di salute e di malattia, grazie a Gesù, «nato da donna, nato sotto la Legge», già morto, sepolto e risuscitato per noi e per la nostra salvezza. Se Gesù non fosse stato risuscitato da morte non saremmo qui a celebrare il suo natale! Per questo siamo nella «pienezza del tempo»!
Dal vangelo abbiamo ascoltato che «quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo» (Lc 2,21). Il nome di Gesù significa «Dio salva». Gesù risuscitato ha inaugurato una volta per tutte la pienezza del tempo, che è diverso dal tempo convenzionalmente da noi misurato. Necessariamente siamo nel tempo che scorre cronologicamente. Lo sperimentiamo proprio oggi, con il conteggio di un nuovo anno.
Che senso ha lo scorrere degli anni, dei mesi, delle settimane, dei giorni, delle ore, dei minuti vivendo il momento presente con il peso della memoria del nostro vissuto passato, fatto di scelte che hanno prodotto azioni giuste e sbagliate e accumulato nella nostra coscienza esperienze unitive e divisive? Che senso ha lo scorrere fugace di questa nostra esistenza e di quella dei nostri cari e amici, fatta di attesa di un futuro costellato di possibilità sempre rischiose, di fronte al limite certo della morte fisica? Tutto questo tempo che scorre e corre, quasi sfuggendo dal nostro controllo, è riempito di senso dalla presenza sicura in noi e in mezzo a noi del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo che si rende effettiva qui ed ora mediante il dono dello «Spirito del Figlio di Dio Padre effuso nei nostri cuori» (Gl 4,6a).
La pienezza della benedizione contenuta nel libro dei Numeri, pregata per secoli dai sacerdoti del popolo di Israele, trova la sua realizzazione in questa presenza viva dello Spirito Santo in noi, che non solo unisce eternamente il Padre al Figlio, ma unisce la nostra fugace e fragilissima corporeità vivente alla natura divina, rendendoci «figli adottivi» del Padre ed «eredi per grazia di Dio» (Gl 4,7).
Che cosa ereditiamo? Ce lo dice Maria la madre di Dio.
Rinunciando, come Maria, a farci un nome attraverso le nostre conquiste, i nostri beni materiali, i nostri titoli accademici, i "like" che ci danno gli altri, ereditiamo innanzitutto la certezza che la nostra fragile e vulnerabile esistenza continuerà dopo il fugace conteggio del tempo cronologico dei nostri anni in questa terra. La «donna» generò un Figlio che ora vive in eterno, ha già vinto la morte e ci farà risorgere con lui. Lo generò nell'umiltà del suo essere serva di JHWH nella sua povertà, cercando rifugio in Dio e non nelle effimere sicurezze umane.
Maria madre di Dio è testimonianza della pienezza della prima benedizione: «Ti benedica il Signore e ti custodisca» (Nm 6, 24). Lei è la "tutta custodita dal Signore". Guardando a Maria tutta la nostra esistenza sia custodita dal Signore! Allora nulla si perderà, non solo nel limite finale della morte, ma anche nel dramma di ogni perdita che possiamo sperimentare nel corso dell'esistenza, soprattutto a causa di una malattia o della potenza del male provocato dall'egoismo umano, che ci fa entrare in un nuovo anno con guerre, ingiustizie, devastazioni ecologiche, conflitti irrisolti. Tutte quelle azioni umane fatte senza Dio al comando non hanno forza di rimanere in eterno.
Per questo motivo la seconda benedizione del libro dei Numeri auspica che «il Signore faccia risplendere su di noi il suo volto e ci faccia grazia» (Nm 6, 25). Ereditiamo l'agire gratuito e unificante del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo che «ci fa grazia»: può cioè trasformare in grazia, in dono, in opportunità di vita nuova, ogni situazione, anche quella segnata dal peccato, dalla estrema fragilità di una malattia, dal peso drammatico di tante ferite aperte. Basta solo scoprire «il volto di Dio che risplende su ciascuno di noi» e su tutte le situazioni che viviamo qui ed ora, mediante la luce della Parola di Dio che illumina il cammino della nostra vita. Ancora una volta impariamo da Maria, la «beata che ha creduto nell'adempimento parole dette dal Signore» (Lc 1, 45) Maria disse «si» alla parola del Signore, rinunciò ai suoi progetti, mise la sua libertà e la sua volontà a disposizione della volontà del Padre. Non annullò la sua personalità e la sua libertà, ma la qualificò mettendola a disposizione del Padre, perché si potesse realizzare il Suo disegno di salvezza per tutta l'umanità. Lei che aveva scoperto la luce del volto di Dio nella preghiera sulle Sacre Scritture, divenne la madre della Parola definitiva, la madre del Verbo fatto carne. Chi si lascia guidare dalla luce della Parola di Dio si stupisce nel vedere capitare attorno a sé fatti e situazioni che non dipendono esclusivamente dalla propria iniziativa umana, ma dallo Spirito Santo che «fa grazia» tutt'intorno, ovunque si è, con chiunque ci si incontra. E allora ci si stupisce della forza creatrice della parola di Dio, perché solo le azioni scelte e fatte alla luce della Parola divina diventano azioni guidate dallo Spirito Santo, ma fatte da noi, con la nostra corporeità vivente consegnata alla volontà del Padre.
Ecco allora la terza benedizione, che trova la sua pienezza nel mistero dell'incarnazione e il suo esempio luminoso in Maria, la madre di Dio: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6, 26). Lo scorrere cronologico dell'esistenza personale diventa un camminare in Dio Trinità. Maria ha sperimentato in pienezza che Dio per primo si è inchinato su di lei, l'ha riempita di Spirito Santo. Se Dio l'ha fatta diventare Madre di Dio, ora è per tutti noi regina della pace. Maria ci insegna che camminare nella vita in comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo significa vivere giorno per giorno consapevoli che c'è già in atto la nuova ed eterna alleanza tra Dio e l'umanità.
«Dio abbia pietà di noi e ci benedica» (Sal 66,2): per la morte, sepoltura e risurrezione di Gesù siamo qui ed ora peccatori già perdonati! Siamo chiamati a rispondere a questo dono gratuito di misericordia e fiducia del Padre, mettendoci completamente a sua disposizione, per Cristo, con Cristo e in Cristo, per poter diventare, come Maria, strumenti di gratuità, artigiani di pace, irradianti armonia di relazioni di reciproco rispetto, non per nostro merito, ma per lo Spirito Santo che abita in ciascuno di noi. Allora nel nuovo anno ci sentiremo compartecipanti del progetto della fraternità universale perché in noi lo Spirito Santo grida gioioso l'unità nell'unico «Abbà - Padre».