Omelia (05-01-2020) |
don Alberto Brignoli |
Da principio, il Dio della Carne Quante cose, nel mondo, non si vedono, eppure esistono. Le filosofie razionaliste, da Cartesio in poi, cercarono di dimostrare che ciò che non si vede, che non si percepisce, che non si sente e non si osserva, non può esistere: esiste solo ciò che io vedo e sperimento, il resto è frutto di fantasia o di congetture. Ma questa teoria resse assai poco: già prima dell'Illuminismo, alcuni filosofi (cosiddetti "empirici") sostenevano che "esiste ed è reale solo ciò che la mia mente percepisce", e questo aldilà del fatto che io lo possa vedere. Posso infatti sentir parlare di una cosa, un luogo, una terra lontana che io non vedo (e allora non esisteva nemmeno la fotografia), ma mentre ascolto ciò che di lei mi dicono, io la posso pensare e immaginare, e allora dentro di me la percepisco ed entra a far parte della mia vita, di ciò che per me esiste. Questa percezione legata all'immaginazione aprirà poi la strada al pensiero del Romanticismo, dove si afferma che molte sono le cose che non si vedono, non si toccano, non hanno materia, eppure esistono, eccome se esistono, e ti cambiano realmente la vita: una su tutte, l'amore. Anche Dio è romantico: "Nessuno lo ha mai visto", eppure molti - se non tutti - lo abbiamo percepito almeno una volta nella vita. Per cui, pur senza averlo visto, egli esiste realmente. E stando alle letture di questa seconda domenica del Tempo di Natale (che si celebra raramente, perché spesso l'Epifania coincide con essa o addirittura la anticipa), un po' "filosofico-teologiche", per la verità, quindi anche un po' complicate, Dio esiste sin dal principio, anzi, forse anche prima che l'uomo potesse avere la cognizione di un principio, di un inizio. "Scoperta dell'acqua calda!", ci verrebbe da dire: lo sanno tutti che Dio esiste fin dal principio, anzi, che egli stesso è "il" principio di ogni cosa! È vero: lo sappiamo talmente tanto che ogni mattina, la prima cosa a cui pensiamo è lui; che ogni volta che iniziamo un lavoro o un'occupazione quotidiana, il primo pensiero lo rivolgiamo a lui; che ogni volta che indaghiamo su come possa essere avvenuto un fatto che magari ci ha lasciati stupiti, subito pensiamo a lui. Tutti gli uomini pensano in ogni cosa che fanno a Dio, subito, senza nemmeno porsi il problema se egli esista e no. Certo, come no? Infatti, avendo messo Dio come principio di tutti i suoi pensieri, l'umanità vive nella prosperità e nella pace perché a tutto quanto pensa lui, dall'inizio alla fine... Usciamo dell'ironia, perché sappiamo bene che non è così. Se la Parola di oggi ci deve ribadire in almeno tre occasioni (una per lettura) che Dio è "il principio", e che sta "al principio", e che "sin dal principio" sta al nostro fianco, è perché l'umanità non riesce con puntualità, costanza e rettitudine, a mettere Dio "al principio" di ogni cosa. E così, il Siracide - identificando e personificando Dio con la Sapienza eterna - ne parla come qualcosa che esiste "fin dal principio e per tutta l'eternità"; Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, parla di noi uomini "scelti e predestinati prima della creazione del mondo" ad essere sui figli; Giovanni, nel meraviglioso prologo al suo altrettanto meraviglioso Vangelo, afferma che "in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio". C'è tuttavia un'altra costante che torna nelle tre letture e le unisce intorno a un concetto che rende la Liturgia della Parola meno cervellotica e più "concreta" di quanto possiamo credere. E cioè, che questo "principio", che esiste "dal principio" e che "ci accompagna dal principio" non è un concetto filosofico e immateriale, che rischierebbe di essere "snobbato" da chi crede solo a ciò che è materiale, concreto e visibile: si tratta di una realtà "creata", "terrena", "carnale", tanto carnale da diventare persona umana. E allora, quel Dio che "nessuno ha mai visto", sin dal principio si preoccupa di farsi conoscere e incontrare dall'umanità. E allora, chiede alla Sapienza di scendere dal cielo dove se ne stava beatamente comoda a cullarsi sul filosofeggiare degli uomini (così la vedeva il mondo greco), per "sporcarsi" con la storia d'Israele e stabilirsi in Sion, in Gerusalemme, occupando "la tenda santa" custodita nel tempio, pronta ad invischiarsi in quel crocevia di miseria e nobiltà - il tempio, appunto - nel quale si consacravano i re, si ascoltavano i profeti, si offrivano i sacrifici, ma anche si condannò a una morte di croce lo stesso Dio, per il semplice fatto di essersi permesso di ricordare che egli era più grande del tempio e di Salomone che l'aveva costruito. E poi, lo stesso Dio, chiede a suo Figlio Gesù Cristo di prendere quella "benedizione spirituale con la quale ci ha benedetti prima della creazione del mondo" e di portarla dai cieli fin quaggiù, sulla terra, per farci comprendere "a quale speranza ci ha chiamati": con il rischio, purtroppo rivelatosi concreto, di prendere quel favoloso concetto della predestinazione alla salvezza e farlo diventare scontato, banale e talmente ovvio da disinteressarci di Dio e dei fratelli... "tant'è, la sua Grazia ci salva comunque!". Ma "predestinati ad essere salvati" non significa "beatamente addormentati" in una fede asettica e fatta di due o tre preghierine recitate "a formula", sollevandoci da terra per poi volare nell'empireo... Significa, piuttosto, quello che viene espresso dal concetto più importante delle letture di oggi, che sono tutto meno che cervellotiche, asettiche e campate in aria: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Carne: talmente "carne" che invece di usare il termine "si fece uomo", Giovanni usa il termine più avvilente e meno divino che esista per indicare la realtà umana, "sarx", che significa la sostanza blanda del corpo vivente, che copre le ossa ed è permeata dal sangue, e che è la stessa sia per gli uomini che per le bestie; significa il corpo di un uomo o di una donna generato dall'unione fisica di due corpi; significa la natura sensuale dell'uomo, la natura insieme umana e animale fatta di desideri che incitano a peccare, soggetta alla sofferenza; significa la natura terrena dell'uomo separata dall'influenza divina, e perciò pronta a peccare perché contraria a Dio. Il Dio del principio e che esiste dal principio e che ci vuole salvi fin dal principio, ci vuole salvi così: con la "sarx". Che da Cristo in poi avrà un altro significato: il suo Corpo, l'Eucaristia, la Chiesa, ognuno di noi. E guai a chi dice che il cristianesimo è una religione campata in aria! |