Omelia (05-01-2020) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di padre Gianmarco Paris La tenda di Dio tra quelle degli uomini La liturgia dei giorni di Natale ci invita a contemplare il mistero dell'incarnazione a partire dagli eventi e dai personaggi che hanno caratterizzato la nascita di Gesù: l'annuncio ai pastori e la loro adorazione del bambino, la missione paterna di Giuseppe, la straordinaria maternità di Maria, la rivelazione di Gesù ai pagani. La Parola di Dio della seconda domenica dopo Natale ci invita a meditare la venuta di Cristo sulla terra allargando il nostro sguardo a ciò che ha preceduto e guidato gli eventi storici della nascita di Gesù: ci porta a contemplare il piano di salvezza di Dio sull'umanità. La pagina del Siracide ci fa ascoltare la voce della sapienza, che esprime il desiderio di Dio di entrare in comunione con l'umanità che ha creato. La sapienza parla dell'ordine che ha ricevuto dal creatore: fissare la sua tenda in Giacobbe, prendere in eredità Israele, e più concretamente nella città di Gerusalemme. I cristiani hanno visto interpretato questa immagine con la storia di Gesù, sapienza di Dio, come leggiamo nel prologo di Giovanni che la liturgia ripropone in questa domenica come lo aveva proposto per il giorno di Natale. Giovanni medita sull'incarnazione a partire non dal suo inizio storico ma dal "principio", quando la Parola non era ancora uscita da Dio e stava al suo fianco per creare il mondo. Questa Parola, che è luce e vita, Dio l'ha inviata sulla terra, quando il tempo è stato compiuto. La Parola/Sapienza ha accettato di farsi carne, cioè di diventare una delle creature che ha creato, ha fissato la sua tenda in mezzo alle loro tende, condividendo tutto ciò che le persone vivono, le loro gioie e i loro dolori. È venuta nel massimo della discrezione e dell'umiltà, non si è imposta a nessuno. Per questo molti non l'hanno riconosciuta. Coloro che l'hanno accolta hanno potuto riconoscere il dono grande di essere figli di Dio. Questo stesso mistero Paolo celebra, ringraziando Dio, nell'inno che apre la sua lettera agli Efesini: prima della creazione Dio ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi in forza di Gesù Cristo. Quando Paolo scrive questo piano si è già realizzato, grazie alla morte e risurrezione di Cristo. Ma egli prega il Padre perché conceda ai cristiani di Efeso quello "spirito di sapienza e di rivelazione" che solo li piò aiutare a conoscere questo mistero nel quale vivono. Non si finisce mai infatti di comprendere la speranza e il "tesoro di gloria" che sono l'eredità che attende coloro che Dio ha chiamato. Dio ha posto la sua tenda tra gli uomini sulla terra per rivelare loro che una dimora stabile li attende nei cieli. |