Omelia (06-01-2020) |
don Lucio D'Abbraccio |
I Magi: cercatori di Dio Nella solennità dell'Epifania la Chiesa ci invita a seguire l'esempio dei Magi che si sono incamminati, seguendo una stella, alla ricerca del Messia. Nel vangelo abbiamo ascoltato che alcuni sapienti: «vennero da oriente a Gerusalemme». Che genere di persone erano? Essi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di «leggere» negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini «in ricerca» di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita. Essi non appartengono alla discendenza di Abramo, non conoscono il Dio vero e vivente; pertanto non sono guidati dalla parola di Dio contenuta nella Legge e nei Profeti. Ma la loro ricerca di Dio, il loro pensare, scrutare la natura, dà loro la possibilità di una lettura visionaria, che li porta a seguire il segno intravisto nella luce di una stella. Non sanno ancora che quella stella indica il Messia (cf Nm 24, 17). Si mettono in cammino e, dopo un viaggio lungo e non senza difficoltà, giungono a Gerusalemme e si dirigono verso la reggia di Erode perché credono di trovare là il re dei Giudei. Per quegli uomini era logico cercare il nuovo re nel palazzo reale, dove si trovavano i saggi consiglieri di corte. Ma, probabilmente con loro stupore, dovettero costatare che quel neonato non si trovava nei luoghi del potere e della cultura, anche se in quei luoghi venivano offerte loro preziose informazioni su di lui. L'evangelista annota che alla richiesta: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo», il re Erode restò turbato. Certamente egli era interessato al bambino di cui parlavano i Magi; non però allo scopo di adorarlo, come vuole far intendere mentendo, ma per sopprimerlo. Erode è un uomo di potere e ascoltando dai suoi esperti delle Sacre Scritture le parole del profeta Michea: «E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele» (cf Mi 5, 1), riesce a vedere in questo bambino solo un rivale da combattere poiché il suo unico pensiero è il trono. Erode è un personaggio che istintivamente giudichiamo in modo negativo per la sua brutalità. Ma dovremmo chiederci: forse c'è qualcosa di Erode anche in noi? Erode era una persona orgogliosa, piena di sé, arrogante, superba. Oggi, dopo secoli di cristianesimo, abbiamo superato la ricerca del potere in tutte le sue forme o abbiamo ancora la mentalità di Erode? Siamo davvero sulla strada dell'umiltà e del servizio o siamo caduti nella trappola dell'orgoglio che cerca titoli, glorie, privilegi, ricompense, onori? L'atteggiamento di Erode può manifestarsi in tante, tantissime maniere! Anche noi, spesso, siamo ciechi davanti ai segni di Dio, sordi alle sue parole. Per tale motivo dobbiamo lasciarci guidare da Cristo Gesù sulla via dell'umiltà perché lui è l'unico che ci dà la vera gioia. Di fronte all'annuncio messianico, i sommi sacerdoti e gli scribi, esperti sulle Sacre Scritture, che ne conoscono le possibili interpretazioni, che sono capaci di citarne a memoria ogni passo e che quindi sono un prezioso aiuto per chi vuole percorrere la via di Dio, restano indifferenti, non accettano la profezia. Afferma sant'Agostino: «che essi amano essere guide per gli altri, indicano la strada, ma non camminano, rimangono immobili». Per loro le Scritture diventano un insieme di parole e di concetti da esaminare e su cui discutere dottamente. Ma nuovamente possiamo domandarci: non c'è anche in noi la tentazione di ritenere le Sacre Scritture, questo tesoro ricchissimo e vitale per la fede della Chiesa, più come un oggetto per lo studio e la discussione degli specialisti, che come il Libro che ci indica la via per giungere alla vita? In ciascuno di noi dovrebbe nascere sempre la disposizione profonda a vedere la parola della Bibbia, letta nella Tradizione viva della Chiesa, come la verità che è la via da percorrere quotidianamente se vogliamo costruire la nostra esistenza sulla roccia e non sulla sabbia. A differenza dei capi dei sacerdoti e degli scribi del popolo, l'atteggiamento dei Magi, che amano la Sapienza, anche se non l'hanno ancora incontrata, è quello di muoversi e, obbedienti prima alla loro ricerca di Dio ed ora anche alla rivelazione contenuta nelle Scritture, riprendono il cammino e giungono al «luogo dove si trovava il bambino». L'evangelista prosegue dicendo che: «entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre». Anche questi tre sapienti - che la tradizione ha dato i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e che rappresentano tutti i popoli -, come i pastori, hanno davanti agli occhi una realtà semplice e umanissima che li riempie di gioia e provoca la loro adorazione: «si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». L'oro, a riconoscimento della regalità di Gesù; l'incenso, simbolo della sua divinità; la mirra, a sottolineare la sua umanità. Ed infine, annota Matteo, «avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese». Per i Magi è stato indispensabile ascoltare la voce delle Sacre Scritture: solo esse potevano indicare loro la via. È la Parola di Dio la vera stella, che, nell'incertezza dei discorsi umani, ci offre l'immenso splendore della verità divina. Lasciamoci guidare, come i Magi, dalla stella, che è la Parola di Dio, seguiamola nella nostra vita, camminando con la Chiesa, dove la Parola ha piantato la sua tenda. La nostra strada sarà sempre illuminata da una luce che nessun altro segno può darci. E potremo anche noi diventare stelle per gli altri, riflesso di quella luce che Cristo ha fatto risplendere su di noi. Amen. |