Omelia (02-02-2020)
fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 2,22-40

La profezia di Malachia che abbiamo ascoltato come prima lettura, ci presenta l'ingresso del Signore sulla scena della storia; ma lo presenta secondo i tradizionali canoni del tempo: prima di Natale, trattando della relazione tra Antico e Nuovo Testamento, in particolare di come non si possa dedurre dall'Antico, il Nuovo, quasi che il secondo fosse un progresso regolare e prevedibile del primo, abbiamo già fatto cenno alla distanza tra le profezie sul Messia e la persona di Gesù. Lo stesso Giovanni Battista, l'ultimo profeta, venuto ad annunciare e a preparare la strada all'arrivo del Messia, che lo indicò addirittura presente nel mondo, (Giovanni Battista) non riusciva a capacitarsi che le parole, i gesti compiuti da Gesù, fossero le parole e i gesti del Messia atteso e finalmente arrivato.
"Eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta?...": dalla formulazione del discorso non è chiaro chi sia il messaggero inviato a preparare la via... La Bibbia di Gerusalemme riporta una nota a margine della citazione; ve la leggo: "il precursore del Signore sarà identificato con Elia profeta. Matteo evangelista (11,14) applica tale testo a Giovanni Battista, nuovo Elia. Tuttavia l'angelo dell'Alleanza - del quale si parla nel testo di Malachia - non è il precursore (...); forse è una designazione misteriosa del Signore stesso...".
Come vedete le profezie messianiche non sono chiare: Elia, il Battista e Gesù possedevano ciascuno alcuni caratteri attribuiti al Messia. Al capitolo 16 del suo Vangelo, Matteo riporta la domanda che Gesù rivolse un giorno agli apostoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'Uomo?"; e i Dodici risposero: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia (o qualcuno dei profeti)...".
Dunque l'enigma rimane, e noi lo lasciamo dov'è... anche se, alla luce dei fatti, il Signore non appare certo come il fuoco del fonditore, o la lisciva dei lavandai. Se si eccettua il gesto un po' sopra le righe di cacciare i negozianti dal Tempio, la sua azione non fu quella di fondere e purificare i figli di Levi, affinandoli come oro e argento.
Una parola potremmo spenderla a proposito del riferimento all'offerta gradita al Signore, che conclude la profezia di Malachia, chiara allusione al culto: Come per Giovanni evangelista, il rinnovamento della vita comincia dal rinnovamento del culto inaugurato da Cristo, e questa profezia lo dichiara. La lettera agli Ebrei ne parla in lungo e in largo: Il Messia, il Cristo è sostanzialmente il nuovo sommo sacerdote che non offre più la carne e il sangue degli animali macellati, ma il suo sangue e la sua carne.
E, a proposito della seconda lettura, tratta appunto dalla lettera agli Ebrei, emerge che la corrispondenza tra il culto e la vita è fondamentale per la nostra fede; in altri termini, non possiamo celebrare i misteri di Cristo, e poi vivere lontano la Lui, come se Dio non ci fosse, "etsi Deus non daretur", scriveva Ugo Grozio (1583-1645), ispiratore dell'ideologia laica.
Per sottolineare come la vita nuova, secondo la fede, scaturisca dal nuovo culto in spirito e verità (Gv 4,23) e non viceversa, lo sconosciuto autore della Lettera (agli Ebrei) richiama il fatto che il Cristo, sommo sacerdote, fu messo alla prova e soffrì personalmente i dolori della passione, al fine di vivere nella sua carne, nella sua mente, nel suo spirito, in tutte le sue fibre del suo corpo, le nostre sofferenze, ed essere così idoneo a venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

Ed ora veniamo al Vangelo; san Luca è l'unico a descrivere il rito della presentazione al Tempio di Gesù; è un rito complesso perché ne contiene tre: la circoncisione del bambino, l'imposizione del nome e la purificazione rituale della madre.
La circoncisione era necessaria affinché il bambino diventasse un vero Israelita; l'imposizione del nome era necessaria perché, con questo atto formale, il bambino veniva ascritto ad una discendenza; dal momento che le profezie annunciavano che il Messia sarebbe stato discendente dalla stirpe di Davide, era necessario che fosse un uomo di quella della stirpe a riconoscere il bambino come figlio suo, dandogli il nome; ecco il valore di Giuseppe, sposo di Maria.
Infine la purificazione della madre riammetteva la donna alla vita sociale e liturgica, dopo che, dal sesto mese di gravidanza fino al giorno del parto, la madre, ritenuta impura a motivo del suo stato, non era più apparsa in pubblico.

Le parole del vecchio Simeone, sono a dir poco drammatiche; ma non annunciano solo i dolori della passione di Gesù e di sua madre - il segno della spada che le avrebbe trafitto l'anima -.
"Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti, in Israele e come segno di contraddizione.": caduta e risurrezione sono verbi che indicano situazioni opposte, sì, ma che, predicati di un cristiano, descrivono l'andamento di una ordinaria vita di fede.
Dunque, non spaventiamoci, non cediamo alla delusione, o alla depressione!
È del tutto normale cadere e rialzarsi: capita ad un bambino che impara a camminare; a un adolescente che si innamora per la prima volta; a un adulto, all'indomani della propria scelta definitiva... Nessuno è immune dalle cadute. L'essenziale è che non si rimanga a terra, ma ci si rialzi; si rimedieranno forse ferite e lividure, ci vorrà tempo per guarire, e qualche cicatrice resterà.
Se tuttavia saremo riusciti ad alzarci, le ferite si trasformeranno in trofei, che, un domani, chissà, potremo anche raccontare.
Il segno di contraddizione rappresentato da Gesù, viene spiegato dagli esegeti come l'icona della sua missione di luce nel mondo pagano, la quale scatenerà ostilità e persecuzioni contro di Lui e contro i cristiani. C'è però un'altra interpretazione che ci riguarda tutti: invece di immaginare il mondo fuori di noi, diviso in figli della luce e figli delle tenebre, proviamo a vedere che cosa succede se questa contraddizione la poniamo dentro di noi: è vero che nella società esistono i buoni e i cattivi; ma è ancor più vero che bontà e malizia, virtù e vizio, bene e male si nascondono dentro ciascuno di noi, e si manifestano in pensieri, parole, opere e omissioni.
Al di là di ogni strategia di autocolpevolizzazione eccessiva e non sana, con questa operazione eviteremo forse un'altra strategia, peggiore della prima: quella di cercare sempre il colpevole delle nostre malefatte fuori di noi - la famiglia, il partner, la società, la Chiesa,... -, e saremo aiutati a portare la luce del Risorto dentro di noi.
Il famoso maestro di spirito Jean Vanier scrive che "Dio ci vuole incontrare in quella parte di noi che non vorremmo mostrare a nessuno; perché è lì che vuole portare la sua luce".