Omelia (02-02-2020)
mons. Roberto Brunelli
Tra il Natale e la Pasqua

Questa domenica è caratterizzata da una ricorrenza, che per un verso richiama il Natale da poco celebrato e per un altro verso già preannuncia la Pasqua: è la festa della Presentazione del Signore, popolarmente detta "la candelora", a motivo della processione con le candele accese che volendo si può premettere alla Messa.
La festa celebra il fatto narrato nel vangelo odierno (Luca 2,22-40). Obbedienti alle prescrizioni religiose ebraiche, quaranta giorni dopo la nascita Giuseppe e Maria portano al tempio il bambino Gesù, che essendo primogenito maschio era considerato di proprietà di Dio e andava riscattato (cioè come "ricomperato") con un dono da offrire in sacrificio. Il dono era adeguato alle possibilità economiche degli offerenti: un grosso animale, o se poveri (come era appunto il caso di Giuseppe: eloquente informazione sulla santa famiglia) poteva bastare una coppia di tortore o di colombi, allora facilmente reperibili in natura, senza neppure doverli acquistare.
Al rito sono presenti, all'apparenza per caso, due frequentatori del tempio: un uomo pio di nome Simeone, e un'anziana vedova di nome Anna. Entrambi riconoscono in quel bambino il Messia annunciato dai profeti, e lodano Dio per averlo finalmente inviato. Simeone prende il bambino tra le braccia, e benedice Dio con un bellissimo cantico che chi prega con la liturgia delle ore (i sacerdoti, le suore ma da qualche tempo anche numerosi laici) ripete alla conclusione di ogni giornata:
Ora lascia, Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola,
perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele.

In altre parole: "Ora, Signore, posso anche morire, perché ho visto la salvezza che tu hai preparato per tutto il mondo". Quel pio ebreo che conosceva le profezie dimostra così di averle comprese meglio di tanti suoi compatrioti, tenacemente convinti che il Messia sarebbe venuto solo per il popolo d'Israele, e non per "tutti i popoli".
Ma noi sappiamo che la salvezza si è compiuta con il sacrificio della croce: di qui l'implicito preannuncio della Pasqua, ribadito poco dopo quando lo stesso Simeone, parlando a Maria, le dice: "Anche a te una spada trafiggerà l'anima". E' facile vedere in queste parole l'intima partecipazione della Madre alla passione del suo Figlio: una delle motivazioni dell'intensa venerazione che da sempre i seguaci di Gesù prestano a Colei che l'ha generato e ne ha seguito i passi sino al calvario.
Segue, nel brano evangelico di oggi, una sintetica informazione sui successivi circa trent'anni della vita di Gesù nel villaggio di Nazaret, dove Giuseppe e Maria sono tornati dopo la nascita del bambino a Betlemme, la sua presentazione al tempio e (riferita dal vangelo secondo Matteo) la fuga in Egitto per sottrarsi dalla persecuzione di Erode. Su quei circa trent'anni tutti i lettori dei vangeli vorrebbero sapere di più; ma Luca (a parte l'episodio di Gesù dodicenne pellegrino a Gerusalemme, che i genitori temono perduto e invece ritrovano a discutere con i sapienti) si limita a dire che "il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui".
"Cresceva e si fortificava": il Figlio di Dio si è fatto uomo in pienezza, anche assoggettandosi alle leggi naturali della crescita, anche condividendo i limiti e la fragilità della condizione umana. E' un altro implicito preannuncio della Pasqua, quando si vedrà quel bambino cresciuto sino all'età adulta, ma sempre tanto umanamente fragile da poter essere barbaramente torturato e inchiodato alla croce. Viene spontaneo chiedersi perché non l'abbia evitato, lui che poteva. Conosciamo la risposta: ed è di quelle che lasciano senza respiro.