Omelia (02-02-2020) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Francesco Botta Questa domenica celebriamo la Presentazione del Signore al tempio. Si tratta di una festa liturgica di antica tradizione (VI-VII secolo). Sono passati quaranta giorni dalla solennità del Natale. La presentazione del bambino al tempio non era prescritta, ma i genitori potevano scegliere di compierla (Nm 18,15). Per la vita di Gesù, la presentazione rappresenta l'oblazione di sé al Padre e anticipa il mistero della Pasqua. In questa domenica ci lasciamo guidare da tre parole che prendiamo dalla liturgia di oggi.La prima parola da cui partiamo, la prendiamo dal tema guida di questa festa liturgica: la luce. La benedizione delle candele infatti fa sì che la liturgia di oggi assuma un chiaro significato: la Chiesa accoglie Cristo come luce del mondo. Il cantico di Simeone infatti contiene le seguenti parole: ‹‹perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo Israele›› (Lc 2, 30-32). Queste parole esprimono un'illuminazione che parte dal popolo eletto. Oggi celebriamo un'illuminazione rivolta a tutti: una luce per tutti. Ma che tipo di luce vuole presentarci il vangelo di oggi? Quando pensiamo alla luce, a noi vengono in mente le luci delle lampadine, dei lampioni delle città; ci vengono in mente quelle luci che si usano per gli addobbi natalizi ad esempio. Oppure, se pensiamo a un tipo di luce con cui siamo a contatto la maggior parte della nostra giornata, non possiamo non riferirci a quella luce forte che ci viene da smartphone, ipad, televisioni, computer, etc... passiamo la maggior parte del nostro tempo davanti a questo tipo di luce; esiste anche un'applicazione che ogni settimana ci aggiorna sulla percentuale del tempo passato al cellulare... si tratta di una luce stressante, una luce così forte che facciamo fatica anche a prendere sonno, dopo aver passato gli ultimi istanti della giornata davanti a questi strumenti. Tutto questo tipo di illuminazione ci fa dimenticare la bellezza di una luce non artificiale, di una luce vera, che ha a che fare con la meraviglia del creato. Questi strumenti ci fanno pian piano dimenticare la bellezza di osservare la luce delle stelle, della luna, la luce di uno sguardo. La liturgia di oggi ci invita a recuperare il senso vero di questa parola: la luce. Oggi questa luce assume un volto: si tratta del volto di Gesù. Come possiamo incontrare questa luce? Come possiamo incrociare il suo sguardo? Queste domande certamente possono orientare il nostro cammino e la nostra vita. Chiediamoci se la Scrittura, la liturgia, ciò che la Chiesa ci trasmette, le persone che incontriamo, il creato, chiediamoci se tutte queste dimensioni possono essere dei sentieri per incontrare Gesù luce del mondo! Per quanto riguarda la seconda parola da cui ci lasciamo guidare, leggiamo con attenzione quanto si dice nella breve esortazione che proclamiamo all'inizio della messa di questa domenica: ‹‹guidati dallo Spirito Santo, vennero nel tempio i santi vegliardi Simeone e Anna: illuminati dallo stesso Spirito riconobbero il Signore e pieni di gioia gli resero testimonianza. Anche noi qui riuniti dallo Spirito Santo andiamo incontro al Cristo nella casa di Dio››. Questa esortazione ci presenta una parola, o meglio una Persona divina: lo Spirito Santo. Le parole della liturgia di oggi e quelle del vangelo stesso, ci propongono lo Spirito Santo come colui che prende l'iniziativa. Sì, l'iniziativa è di Dio: è lo Spirito Santo che preannuncia a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Cristo del Signore; lo stesso Simeone si recò al tempio perché mosso dallo Spirito. Quante volte, anche nella nostra vita spirituale, ci illudiamo di essere noi a prendere l'iniziativa. La liturgia di oggi ci ricorda che anzitutto è Dio a venirci incontro. Le parole dell'esortazione affermano che Simeone e Anna, illuminati dallo Spirito, resero testimonianza al Signore. Lasciamoci guidare da questo Spirito, diamo ascolto alle aspirazioni che nascono nella nostra interiorità; lasciamoci sconvolgere da ciò che desideriamo, dalle persone che incontriamo, dalle necessità che ci si presentano. Riconosciamo l'iniziativa di Dio nella nostra vita e rispondiamo mettendoci in gioco! L'iniziativa è sua, ma Lui ci chiede di buttarci, di tentare, di rischiare! La terza parola ci viene consigliata dall'atteggiamento di Simeone e Anna: l'attesa. Simeone era in attesa della consolazione di Israele (Lc 2,25); Anna non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno (Lc 2,37); leggiamo anche che Anna si mise a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme (Lc 2,38). Anche nella prima lettura, il profeta Malachia dice: ‹‹l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire›› (Ml 3,1). La liturgia dunque ci presenta delle persone che aspettano. Questa parola - attesa - certamente sta a significare un atteggiamento. La liturgia di oggi tuttavia, oltre a presentarci un atteggiamento, ci consegna anche la buona notizia: è Gesù colui che noi aspettiamo. Simeone e Anna inizialmente non conoscevano il volto del messia che attendevano; allo stesso modo, noi non sempre sappiamo chi o che cosa aspettiamo. Quante volte non siamo capaci di dare il nome ai nostri stati d'animo, a quello che proviamo? Quante volte non sappiamo cosa cerchiamo, cosa vogliamo? Ecco, la buona notizia di questa domenica è che colui che aspettiamo è venuto, continua a venire e verrà. Certo, Gesù non viene a darci la soluzione a tutte le nostre domande; anzi, addirittura nel Vangelo leggiamo: ‹‹egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione›› (Lc 22,34). Simeone, parlando di Gesù a Maria, lo definisce "segno di contraddizione". La venuta di Dio nella nostra vita non ci offre soluzioni, ma ci offre amicizia vera. Anche noi, mossi dallo Spirito Santo, andiamo incontro a Cristo che continua a venire per essere luce ai nostri passi. |