Omelia (02-02-2020) |
don Luca Garbinetto |
Il dono di essere figli Ci sono riti e tradizioni legate al ciclo della vita dell'uomo che il cristianesimo ha assunto dall'ebraismo, riconoscendo in esse una prefigurazione di ciò che in Gesù si compie in pienezza. Così è stato, ad esempio, per i 40 giorni successivi al parto, necessari alla purificazione della donna. E probabilmente a questi remoti contatti risale l'espressione tanto curiosa che si usa dalle mie parti, nel dialetto veneto: ‘la ga comprà un toxo'; ‘ha comperato un figlio'. Così si descrive l'evento gioioso della nascita. Così, in realtà, ci si richiama alla celebrazione del riscatto di un primogenito, alla stregua del gesto "secondo la Legge di Mosè" (v. 22) che Giuseppe e Maria compiono fedelmente, da pii israeliti. Perdendo le radici culturali e religiose del nostro linguaggio, impregnato di fede semplice e naturale, oggi si scherza immaginando un improbabile ‘mercatino dei bambini'; oppure, purtroppo, in maniera più drammatica, si fa della tecnologia uno strumento di manipolazione del mistero più straordinario della vita dell'uomo, che è quello di poter dare vita a un altro uomo. In realtà, dietro un'espressione tanto curiosa quanto ormai comune, si nasconde davvero la rivelazione del mistero. Un figlio, infatti, in qualche modo si ‘compra' sempre, perché il figlio non è proprietà dei genitori. Essi ne sono grembo che accoglie e casa che custodisce e fa crescere. Ma l'origine più profonda della vita sta in un mistero di Provvidenza che risiede nell'eternità. Così, assieme a Giuseppe e Maria, giovani sposi e genitori, anche le mamme e i papà di oggi sono chiamati a scoprire di essere destinatari di una offerta, quella della vita di un figlio, desiderato e voluto prima di tutto dal Signore del Cielo e della Terra, Colui che non ha voluto la morte dei primogeniti in Egitto e che poi si è rivelato come loro Padre. E tuttavia, oltre questo primo passo, che ci pone in sintonia con la povertà dei giovani genitori di Nazareth, espressa dall'offerta delle colombelle, patrimonio dei piccoli, il mistero che celebra la commovente scena della presentazione di Gesù al tempio va ben oltre. Sì, perché se in fondo il ‘comprare' un figlio potrebbe lasciar intendere che in ogni caso si possa esercitare poi su di lui un qualche ‘diritto di proprietà', in Cristo tutto questo viene definitivamente scardinato. Egli infatti, il Figlio unigenito del Padre, non viene acquistato, ma piuttosto consegnato e offerto a noi. La sua vita tutta, fin dall'infanzia e "fino alla fine" (Gv 13,2) nel sacrificio della croce, è donata gratuitamente e spesa per divenire lui il riscatto di ogni suo fratello. Dalla tragedia del peccato, che genera la morte, Dio ci ha riscattato con il sangue del proprio Figlio. Da Lui tutti noi siamo stati ‘comprati' e quindi generati alla vita. Con Gesù, il mistero della nascita è definitivamente connotato dal sapore del dono e della vittoria sulla morte. In Lui ogni figlio è veramente e solamente dono, prima di tutto per mamma e papà che lo accolgono nella propria relazione e nella propria vita. E tuttavia questo dono si impregna del colore del Suo sangue, svelando così l'intima consistenza dell'amore. Che se non è mai possesso, non è nemmeno semplice emotività o superficiale affettuosità. L'amore autentico è tinto delle sfumature del dolore, poiché una spada attraversa l'anima di ogni madre e di ogni padre che, accettando la vocazione stupenda di collaborare con la nascita e la crescita di un germoglio, scelgono di vivere la sorprendente sfida di diventare adulti lasciando andare proprio chi a loro è affidato. Avviene proprio così: nel momento in cui ci si prende cura dell'altro, si inizia a lasciarlo partire, poiché la cura autentica forgia la libertà e dunque rimanda alla relazione fontale, all'incontro con il Padre. Questo scopriranno, Maria e Giuseppe, nel volto di Gesù dodicenne, e la profezia di Simeone comincerà a tradursi in evento. Questo scopre chiunque ama: la cura è dono di sé, per far sì che l'accudito diventi ciò che è: a sua volta dono! L'amore fedele e paziente, testimoniato dalla delicata fermezza di Simeone e Anna, come pure dall'urgente bellezza dei nostri anziani, dei nonni custodi di sogni e di futuro, si traduce nella capacità di restituire a Dio il figlio, la figlia, l'amato ricevuto con tanta premura fra le proprie braccia. La festa della Luce, della presentazione di Gesù al tempio, spalanca su orizzonti universali e profondissimi questa naturale verità dell'uomo e della donna, chiamati per vocazioni all'unione sponsale feconda e fedele, ma che si svela come anticipo dell'intima comunione con il Dio della vita. In fondo, la benedizione e il congedo di Simeone, uomo di fede, e il gaudio del cuore di Anna non sono altro che il preludio del canto degli angeli ogni qual volta una donna o un uomo di questa terra ha compreso e si è consegnato davvero alla meravigliosa vocazione di essere figlio e figlia del Padre. |