Omelia (10-04-2020) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Maurizio Botta Il lungo percorso quaresimale e, aggiungiamo, di deserto, legato al periodo della pandemia per il Covid19, ci porta oggi a celebrare il Venerdì Santo: la Passione del Signore. Addentriamoci nella celebrazione di questo mistero con tutte le nostre paure, i nostri dubbi, i nostri dolori. Le circostanze attuali, quest'anno, non ci permettono di celebrare il Venerdì Santo nelle nostre comunità parrocchiali, ma accostiamoci a questa celebrazione vivendo liturgicamente questo grande mistero nelle nostre case, chiese domestiche. Il brano che la Chiesa ci presenta in questa liturgia è tratto dal vangelo di Giovanni: i capitoli 18 e 19. In questo periodo, in cui giustamente siamo tenuti a rimanere a casa, uscendo solo per motivi strettamente necessari, poniamoci la seguente domanda: come vivere questo tempo, da discepoli di Gesù, come un'opportunità e non come un ostacolo? Ci lasciamo guidare da tre parole che prendiamo dal vangelo. Partiamo da una provocazione dettata dal contesto in cui ci troviamo: è sulla bocca di tutti l'esortazione insistente a rimanere a casa. Lasciamoci provocare dal verbo "rimanere": lo leggiamo in tutte le pubblicità, ma è un verbo che, allo stesso tempo, è essenziale per comprendere il vangelo di Giovanni. La prima parola da cui ci lasciamo guidare è proprio questo verbo: rimanere. Non ricorre nei capitoli 18 e 19, ma nel vangelo di Giovanni ha un'importanza fondamentale. È il verbo che l'Evangelista usa per parlare del rapporto tra Gesù e il Padre e tra i discepoli e Lui. La provocazione è proprio questa: come vivere questo periodo chiusi in casa, rimanendo in Lui? La chiave di lettura è la Parola di Dio: rimanere in Lui significa rimanere nella Sua Parola. L'invito giovanneo è quindi quello di entrare in relazione con la Parola di Dio. Si tratta di una Parola che o è relazionale o non è. Con questa chiave di lettura (rimanere nella Sua Parola) addentriamoci con tutto noi stessi nella contemplazione della Passione del Signore e vediamola intimamente unita alla passione che ognuno di noi, in modi diversi, sta vivendo in questo periodo di pandemia. Accostiamoci alla Sua Parola e rimaniamoci. Leggiamo con attenzione, a casa, i capitoli 18 e 19 di Giovanni e viviamo la celebrazione del Venerdì Santo entrando in relazione diretta con questo testo che ci parla. La seconda parola da cui ci lasciamo guidare è il filo rosso del racconto della Passione di Gesù: il compimento. Giovanni più volte fa riferimento al tema del "compimento delle Scritture". La persona di Gesù, specialmente in questi due capitoli, è totalmente inserita nel grande mistero del compimento delle Scritture, nell'obbedienza al Padre. Ma cosa significa effettivamente il termine "compimento"? Cerchiamo di capire a fondo questa parola, contemplando la morte di Gesù. In Gv 19, 28 leggiamo: ‹‹dopo questo, Gesù, sapendo ormai che tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: "ho sete"››. Poco più avanti Giovanni aggiunge: ‹‹dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "è compiuto!"››. Il compimento delle Scritture risulta essere Gesù stesso: la Parola. L'Evangelista conduce pian piano il lettore a interpretare tutte le Scritture con una chiave ermeneutica personificata: Gesù Cristo. Gesù come compimento delle Scritture significa per noi leggere Antico e Nuovo Testamento in riferimento a Lui. Ma non solo. La sfida è leggere anche la storia di ciascuno di noi in chiave Cristologica. Il termine "compimento", dunque, non è solo lo stadio finale di un percorso, ma è, allo stesso tempo, il punto d'inizio e il cuore del percorso. Non si tratta quindi solamente di leggere la fine come compimento dell'inizio, ma anche di leggere l'inizio a partire dalla fine. La categoria teologica del compimento non è solo un punto d'arrivo, ma anche il punto d'inizio. Per la nostra vita questo sta a significare che il mistero di Cristo non è finito con la sua morte, ma che la persona di Gesù è la chiave per leggere tutta la nostra vita. L'espressione ‹‹ho sete›› sembra essere strettamente legata al compimento di tutto: ho sete che tutto sia compiuto. In questa situazione di passione, in cui ciascuno di noi si trova durante questa pandemia, abbiamo sete che tutto sia compiuto? Ovvero: abbiamo sete di leggere la realtà alla luce di Gesù e del suo stile? Di cosa ho sete in questo periodo? La terza parola da cui ci lasciamo provocare è "croce". Questi due capitoli giovannei mettono al centro la croce. Ma cos'è per noi questa croce? Per troppo tempo ci siamo ingannati, e continuiamo a illuderci, che la croce sia un dolore impostoci inderogabilmente da qualcuno, forse come castigo meritato di qualche nostra colpa. Quante volte, tra noi cristiani, c'è l'illusione di credere che Dio abbia mandato questa pandemia! Quante volte sentiamo dire, o lo diciamo noi stessi, che Dio, mandando a noi la pandemia, vuole dirci qualcosa! Cerchiamo di mettere da parte una visione religiosa che vede Dio come regista e burattinaio! Proviamo invece a leggere la croce secondo lo stile di Gesù e secondo quanto ci presenta il vangelo (che, non dimentichiamo, è Buona Notizia). La croce non è un prezzo da pagare, ma la realtà dei fatti, a cui Gesù non si sottrae. Ma Gesù non si sottrae alla realtà dei fatti, seppure estremamente dolorosa, perché è un supereroe, ma perché è Figlio ed è in relazione col Padre. Il Padre non manda il dolore, ma è accanto al Figlio nel momento del dolore. La nostra croce, adesso questa pandemia, ci fa domandare: ma Dio Padre è colui che manda la pandemia, o piuttosto è colui che ci è vicino di fronte alla realtà dei fatti? La croce è la realtà dei fatti, Dio è Papà. Lo stile di Gesù è lo stile di Figlio. Per quanto anche Lui si sia sentito abbandonato, non è scappato, ma è rimasto. La buona notizia della croce è che non siamo soli. Infine, sulla croce, Gesù consegna lo spirito. L'ultimo sospiro di Gesù è preludio dell'effusione dello Spirito. Anche la sua morte diventa un dono per gli altri, per noi. Può esserci la buona notizia anche il Venerdì Santo? Sta a noi entrare in relazione con la Parola di Dio e così scoprire e sperimentare che probabilmente la buona notizia è vivere da figli, perché noi siamo figli, e un Fratello, il Figlio di Dio, ce lo ha dimostrato morendo e facendo della sua morte un dono di sé: siamo sempre figli! Accogliamo la Sua Parola e rimaniamo in essa. La nostra vocazione è la risurrezione. E, risorti in Lui, lo siamo sin da ora. |