Omelia (09-04-2020) |
don Luca Garbinetto |
Piedi in cammino Il giovedì santo è il giorno dei piedi. Gesù lava i piedi ai suoi, e così diventa Maestro del servizio. A dire il vero, era stato lui stesso discepolo di inattese esperte di diaconia, le donne che avevano lavato i suoi piedi con lacrime e profumi, asciugandoli con i capelli sciolti. L'importante, però, è che Gesù ne ha fatto una icona della vita del discepolo. Questi non è solo chi lava i piedi agli altri, ma è prima di tutto chi si lascia lavare i propri. Anche quando è tutto ‘mondo', ‘puro', cioè in cammino sincero sulle orme del Maestro. Il guaio è che quando si cammina sono proprio i piedi quelli che soffrono di più, che si stancano, che puzzano, che si fanno le vesciche. Insomma, sono la parte più provata: sono i piedi che portano il peso di tutta la persona, e così divengono per noi forti e fragili insieme. Dei piedi si prende cura Gesù, per rimettere in cammino i suoi, nella notte della prova. Per noi, oggi, è un bel guaio tutto ciò. Siamo rimasti bloccati in casa, frenati nei nostri entusiasmi, immobili le braccia e le mani quasi come quelle di Gesù sulla croce. La frenesia dell'operare, l'ansia di sentirci utili, l'agitazione della vita ordinaria sono messe a dura prova: siamo persino obbligati a stare tranquilli! Diciamoci la verità: sono soprattutto i piedi che soffrono, perché vorrebbero fare il loro dovere di uscire, camminare, scappare, muovere tutta la nostra persona. È un bel guaio: se si fermano i piedi, pare in difficoltà persino il cuore. Come possiamo mostrare il nostro amore alle persone che amiamo, che spesso ci sono rimaste così lontane? Un video, una telefonata, una foto sui social... non bastano! Ci piacerebbe almeno poter usare i piedi per darci quel grazioso saluto che ha fatto il giro del mondo nello scherzo dei capi dei popoli: una ‘pacca' tra piedi, se non si può nemmeno stringersi le mani. Tutto questo ci è proibito! Gesù, come facciamo allora oggi a celebrare il giorno dei piedi? Cosa ci dobbiamo lasciar lavare? Cosa dobbiamo imparare a lavare agli altri? Oggi ho fatto una scoperta che mi ha sorpreso e illuminato: la parola pigro, secondo una antica etimologia, viene da pedibus aeger, che significa ammalato ai piedi. Cioè stanco, lento, affaticato, senza entusiasmo. È proprio così: se non hai voglia di muovere i piedi e ti accasci sul divano di casa, magari davanti alla televisione, tutto il giorno, piano piano ti intristisci e ti ammali dentro. Questa condizione dell'animo è chiamata, nella tradizione spirituale della Chiesa, accidia. Per i Padri della Chiesa è un vizio, un morbo insidioso, anzi un virus - sì, proprio un virus - invisibile che ti prende dentro e si sviluppa senza che te ne accorgi spegnendoti lo spirito. Perdi vigore, energia, voglia di vivere. Quando te ne accorgi, spesso è tardi, o comunque è faticoso riprendersi e ritrovare grinta. Certo, ci si può rialzare, si può risorgere: ma è necessario l'aiuto di qualcuno. Di Dio, dicono i Padri. Per questo, allora, è necessari la Pasqua! E per questo, oggi, anche a casa, anche se non possiamo celebrare il rito della lavanda dei piedi, in realtà abbiamo urgenza di fermarci davanti al Maestro ed innalzare a Lui una invocazione: per favore, Gesù, lavaci i piedi dell'anima! Sì, perché il peggior virus è proprio lo spegnimento della candela della speranza, della fiamma della fiducia, del raggio della creatività d'amore. Rischiamo di diventare pigri quando ci abituiamo alle cose di sempre, comprese quelle sante come la vita comunitaria e i sacramenti; quando rivendichiamo come diritto ciò che è dono; quando riduciamo a consuetudine l'incontro con chi ci è vicino e ci è caro; quando guardiamo il mondo con le sue vicende ordinarie sempre dallo stesso punto di vista, il nostro. Chissà se questo tempo di ordinaria straordinarietà, vissuto per altro proprio nel giorno santo dei piedi dei discepoli, non ci sia dato come opportunità per riconoscere le nostre pigrizie e gettarle fiduciosi nel catino della misericordia di Dio. Gesù vuol toglierci le croste di una fede passiva e accomodata, e ci chiede semplicemente di alzare i piedi nudi da terra perché Egli li possa prendere tra le sua mani sante e massaggiarli, pulirli, accarezzarli. Lo si fa per ripartire, non per restare lì, come se fossimo alle terme: rischieremmo di impantanarci di nuovo senza muovere un passo. Questo giovedì santo, celebrato nella calma vigorosa della famiglia, fermi nel corpo, ma in autentico movimento dell'anima, può diventare per noi una riscoperta dell'intima natura della nostra fede: quella dei pellegrini, dei viandanti capaci di stupore e di riconoscenze, che di nulla fanno una rivendicazione e, pur con una intensa nostalgia dell'incontro con il Maestro, non rinunciano ad accorgersi che Egli è già qui. In cammino, davanti e accanto a noi, come Signore. Signore dai piedi scalzi. |