Omelia (10-04-2020) |
don Alberto Brignoli |
Dio non ama stare dietro le quinte Tra i molti interrogativi che frullano nelle nostre menti e nei nostri cuori in questi giorni, e che abbiamo sentito esprimere da più parti, ce n'è uno che, in forma drammaticamente palese, è risuonato più di altri, soprattutto fra i credenti di ogni fede, come ha ricordato anche Papa Francesco nell'udienza dello scorso mercoledì: "Dov'è Dio quando va tutto storto? Che cosa fa davanti al nostro dolore? Perché non ci risolve in fretta i problemi?". Già: dov'è Dio? "Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: Dov'è il tuo Dio?"; "I miei avversari mi rompono le ossa, mentre mi dicono sempre: Dov'è il tuo Dio?"; "Signore, perché le genti dovrebbero dire: Dov'è il loro Dio?"; "Dov'è, Signore, il tuo amore di un tempo?"; "Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c'è tregua per me"; "Svegliati! Perché dormi, Signore? Destati, non respingerci per sempre!"; "Dov'è quel Dio che mi ha creato, che ispira nella notte canti di gioia, che ci rende più istruiti delle bestie selvatiche, che ci fa più saggi degli uccelli del cielo? Si grida, allora, ma egli non risponde". Queste frasi potrebbero suonare come affronti rivolti a Dio, addirittura come affermazioni blasfeme, come bestemmie: e invece - credo che la maggior parte di noi abbia intuito - sono citazioni bibliche, tratte dai libri sapienziali dell'Antico Testamento. Sono, dunque, Parola di Dio. E se Dio stesso, parlando attraverso l'ispirazione messa in bocca agli uomini, dice a Dio "Dove sei?", allora siamo davvero tutti quanti legittimati a chiedercelo. Così come egli è legittimato (e non possiamo certo essere noi a esigerglielo) a non risponderci. E, di fatto, non lo fa: tutte queste domande, nella Bibbia, rimangono senza risposta; tutti questi interrogativi rimangono insoluti. Non resta che il silenzio, che di certo vale più di molte parole a volte pleonastiche, a volte circostanziali, a volte davvero blasfeme (come quelle di alcuni sacerdoti - ma preferisco dire presunti tali - che attribuiscono alla pandemia attuale il valore di un "castigo voluto da Dio") con le quali pretendiamo sostituirci a Dio e dare noi la risposta che lui non dà. Credo che non ci debba neppure balenare per l'anticamera del cervello che dietro a questo flagello ci sia Dio; se invece guardiamo all'uomo della croce, "all'uomo dei dolori che ben conosce il patire", possiamo e dobbiamo dire, per il bene della nostra stessa vita, che Dio non sta "dietro" a tutto questo, come un sadico regista che sta dietro le quinte a vedere i suoi attori morire uno dopo l'altro, bensì che Dio sta "dentro" tutto questo, come attore, come parte integrante, vittima e causa di salvezza al tempo stesso, di questa tragedia. È vero, alla nostra domanda "Dove sei?" e a quelle della storia intera, Dio preferisce rispondere con il silenzio. Ma non per questo ci fa mancare la sua Parola. E lo fa con una forma ancor più drammatica del silenzio, e ancor più sconvolgente che assumersi la responsabilità di un castigo. Lo fa con le ultime parole del Quarto Canto del Servo di Jahvè, quelle che concludono la prima lettura di questa Liturgia del Venerdì Santo. Parole sconvolgenti, che iniziano con questa affermazione: "Ma al Signore è piaciuto prostralo con dolori". Beh, allora siamo di nuovo da capo... abbiamo appena finito di dire che Dio non vuole il male dell'uomo, che non sta dietro a un flagello o a una pandemia, e ora addirittura "si compiace" di buttare a terra il suo servo con il dolore? A Dio piace soffrire e veder soffrire? Si rifiuta di stare dietro al male per potersi così prendere gioco dell'umanità senza assumersene le responsabilità? Credo che nessuno di noi, per quanto flebile e provata possa essere la sua fede, osi pensare a questo. E ciò che leggiamo nei versetti a venire, forse ci aiuta a comprendere cosa ci stia dietro a quella "compiacenza" di Dio nei confronti del dolore. Sono parole di grande speranza, quasi un invito alla serenità, nonostante tutto (ecco forse il senso della "compiacenza"), un'accettazione serena di qualcosa - il dolore - che, pur drammatico e doloroso, non possiamo rifiutare, perché è parte della nostra esistenza come lo è stato nell'esistenza del Servo di Jahvè, del Figlio di Dio, e continua ad essere parte dell'esistenza di Dio ogni volta che un figlio dell'umanità, anche uno solo, soffre e muore. Perché ogni volta che un uomo soffre, Dio soffre con lui; e ogni volta che un uomo muore, Dio muore con lui. Per questo, con lui, Dio è pronto a vivere giorni di luce e di speranza, come sono convinto anche noi potremo vivere, se ci lasciamo guidare e riempire il cuore da quello che Isaia ha da dirci, oggi, qui, ai piedi della croce: "Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli". |