Omelia (10-09-2003)
Paolo Curtaz


Luca riprende e amplifica il discorso delle beatitudini raccontatoci da Matteo il pubblicano, sono poche significative differenze che danno una sfumatura diversa al racconto di Luca. Secondo Luca Gesù guarda i suoi discepoli e pronuncia le beatitudini: sono i suoi seguaci ad essere poveri, affamati, derisi, piangenti e il Signore li invita ad essere beati. Non beati perché sfortunati, Gesù non afferma una felicità intrinseca alla disgrazia! Gesù dice: se malgrado tu sia triste, perseguitato, affamato, poni la tua fiducia in me, sei beato, perché hai colto l'essenziale. Luca aggiunge una serie inquietante di guai: guai ai ricchi ai sazi, ai gaudenti. Gesù non condanna la ricchezza in se, solo ammonisce a non lasciarci ingannare: la ricchezza e la sazietà non mantengono la promessa di felicità che fanno. E lo vediamo – tragicamente – intorno a noi: persone che ci vengono proposte come modelli di realizzazione, grandi industriali, ricche pop-star che il più delle volte manifestano disagio e – malgrado abbiano tutto ciò che immaginiamo essere essenziale alla felicità – galleggiano in'esistenza di frustrazione ed eccesso. Investiamo bene, amici, anche il dolore più grande, la fatica più insopportabile possono essere ricondotti nel cuore di Dio e – davvero – possiamo sperimentare la tenerezza del discepolato.

Beati noi, Signore, che hai scelto e chiamato amici; beati noi, Rabbì, che assaporiamo a tua tenerezza che ci permette di affrontare serenamente ogni difficoltà.