Omelia (28-09-2003)
Paolo Curtaz


"Non è dei nostri": quante volte l'ho sentito sulla bocca dei cristiani. Non è della nostra Parrocchia, non è del nostro gruppo, non è della nostra generazione. E' incredibile: allora come oggi all'interno delle comunità si scatena la caccia al particolarismo a tutti i costi, dimenticandosi che Dio abita là dove due o tre sono riuniti nel suo nome. E' un primo invito pressante alle nostre comunità, alle nostre associazioni, ai movimenti, di non assolutizzare una prospettiva, un'esperienza, un cammino. Sono tutti dei percorsi che portano a Cristo, e questo ci basta. Poi le sensibilità, le prospettive diventano ricchezza a servizio della grande comunità dei Redenti che è la Chiesa. Ma non solo. Si respira, talvolta, da parte dei cristiani rispetto al "mondo", un'aria di sospetto, di diffidenza. Sembra di tornare al vecchio Israele, il popolo dei giusti, nei confronti dei pagani. Attenzione! Cristo ci invita a lasciar perdere le nostre millimetriche distinzioni per entrare nella sua logica. Chi vive profondamente la propria dimensione umana sta già costruendo la propria fede, la sta preparando. Perciò nell'umanità vera (non nella deformazione che qualcuno vuole farne), si trova il terreno di dialogo e d incontro con ogni uomo, con ogni prospettiva, con ogni cammino. Il cristiano è a servizio del Regno che ha confini e dimensioni che non possiamo predeterminare. La Parola continua e ci porta ad una affermazione di Gesù difficile da capire e da accettare: eliminare, per quello che è possibile, le cose che ci allontanano dal Vangelo. Gesù si propone con radicalità perché può realizzare ciò che promette. Ma chiede disponibilità totale, scelta concreta e reale della sua presenza, adesione al Vangelo.

Aiutaci a non essere talebani verso i fratelli a non sentirci migliori o più santi e di essere molto esigenti con noi stessi nell'essere misericordiosi, Dio che accoglie ogni afflato e ogni desiderio di bene!