Omelia (24-07-2020) |
don Giampaolo Centofanti |
La Parola di Gesù non è un concetto da comprendere con il cervello e da mettere in pratica con nostre inesistenti forze. Essa invece è un seme che al momento opportuno viene con delicatezza nel nostro cuore, se lo accogliamo, e gradualmente in quest'accoglienza cresce. Passiamo dal moralismo del salvarci da soli alla fede in un Dio che ci prende per mano e ci accompagna serenamente sulla via della maturazione. Ma gli estremi sono sempre due: da un lato il dover fare tutto e subito con la nostra sola volontà, dall'altro il non vigilare con equilibrio su ciò che può ostacolare la nostra crescita. Abbiamo margini nei quali possiamo scegliere se e quanto collaborare alla grazia che ci viene donata. Possiamo talora lasciare che qualcuno ci rubi la Parola, in mille modi distogliendoci dall'ascoltarla; possiamo lasciarci dominare da scelte di superbia, di capriccio, di chiusura, anche quando lo Spirito ci ha messo in condizione di superare quella tentazione; allo stesso modo possiamo non ascoltare e seguire la serena voce, luce, che nel cuore ci orienta a non lasciarci troppo affannare dalle preoccupazioni o soggiogare dalla smania del denaro o del vario potere. Il terreno buono è colui che, dice il testo, ascolta la Parola e la con-prende ossia con sereno buonsenso la mette insieme con la vita concreta. Allora la vita gradualmente fiorisce perché Dio non pensa solo ad una nostra anima disincarnata ma porta tutta la nostra umanità verso le vie della sua piena realizzazione. Talora per esempio mostrandoci vie nuove, risolutive, vicine a noi e che pure, ripiegati su noi stessi, non riconoscevamo. Potenza della preghiera sincera, che cerca di accogliere nella vita concreta lo Spirito invocato. |