Omelia (02-07-2006)
don Luciano Sanvito
"Don... don...!"

Chissà se ancora siamo capaci, oggi, in questo mondo della tecnologia e del progresso rampante, di ascoltare il tocco della campana che ci scandisce le ore!

E' il tempo, che ci viene a toccare, richiamandoci che si va verso gli 'estremi', che c'è un'emorragia in atto: quella del tempo che passa, del valore del tempo che sta morendo.

E' il tempo della nostra vita che è soggetto all'emorragia del senso: stiamo perdendo il senso; è la nostra vita che è come una nostra figlia che sta morendo nella gioia e nel senso.

Il rintocco della campana, quasi impercettibile, è la preghiera di intercessione che viene rivolta a noi dal tempo ammalato e in grave situazione, e che vuole ora, subito, trovare un sollievo, una guarigione, richiamandoci a lui con un tocco.

E bussa al nostro cuore, e ci chiede e ci tocca, perché siamo noi i guaritori della nostra vita ammalata, siamo proprio noi coloro che risvegliano le cose che nella vita paiono ormai morte agli occhi di tutti e del mondo, e solo il nostro sguardo le può distinguere come semplici realtà soltanto dormienti.

E la vita, ogni giorno, bussa al nostro cuore: siamo noi i guaritori di questa natura e di questo mondo ammalato, e la nostra potenza è il medicamento più efficace di tutte le umane medicine.

Ciò che ci tocca di vivere, ogni giorno, ciò che ci riguarda, è realtà e situazione che noi possiamo guarire vivendola con il dono di noi stessi, della nostra potenza.

E il tocco della campana ci richiama anche ora, per guarire questo nostro mondo ammalato.

L'emorragia della nostra fede si ferma con la coscienza di esserne i guaritori; la giovinezza del nostro credere riapre gli occhi quando noi ci risvegliamo dal nostro torpore.

Il tocco della campana ci ricorda che anche ora una situazione bussa al nostro cuore: "Don, don...!".
Dobbiamo semplicemente accoglierla, lasciandola venire "Avanti!".