Omelia (19-01-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Giovanni 1,35-42 Chi legge il vangelo di Giovanni rimane colpito fin dall'inizio dal mistero della persona di Gesù e della sua grande umanità, che colma e soddisfa le aspirazioni fondamentali dell'uomo. Gesù, come ogni uomo, è conoscibile soprattutto dalle relazioni che si instaurano con lui e dal rapporto che egli ha con la singola persona. Il brano di oggi mette in luce il rapporto tra Gesù e i primi discepoli. Il testo presenta il fatto storico della loro chiamata e il messaggio teologico sulla fede che porta a seguire Gesù. Giovanni vuole offrire ai suoi lettori i tratti caratteristici dell'essere discepolo, cioè la fede come esperienza vissuta nell'incontro e nell'adesione alla persona del Cristo. Gesù è il Rivelatore che il discepolo accoglie nella fede (cfr Gv 1,12; 20,29-31). Il Battista vede Gesù che cammina e, penetrando nell'intimo del cuore del Signore, lo indica ai suoi. La sua missione di precursore sta ormai per finire. Quando arriva lo sposo, l'amico delle sposo si deve ritirare (cfr Gv 3,29-30). Il passaggio di Gesù indica al Battista che per lui è arrivata l'ora di fermarsi per lasciare il posto al Cristo. I due discepoli del Battista diventano discepoli di Gesù e si assumono anch'essi il compito di rendergli testimonianza, camminando dietro a lui. Essi rappresentano il passaggio dall'epoca dell'Antico Testamento, che ha il suo vertice e compimento nel Battista, al Nuovo Testamento, dove il regno di Dio arriva con Gesù. Le prime parole che Gesù pronuncia nel vangelo di Giovanni sono la prima e fondamentale domanda che è rivolta ad ogni uomo che intenda seguire il Cristo: "Che cercate?" (v. 38; cfr 18,4; 20,15). Sono un invito per il discepolo a chiarire a se stesso che cosa cerca realmente nella vita. Con questa semplice domanda, Gesù scava nel cuore degli uomini, fa appello ai loro profondi desideri e fa emergere i loro pensieri più veri. Gesù bisogna cercarlo, perché egli si concede solo a chi lo cerca impegnando tutto se stesso. Il venire a Gesù, il vedere dove sta per rimanere con lui sono espressioni che contengono l'invito a fare una diretta esperienza personale con lui e descrivono un vero cammino di fede. E' essenziale sapere dove Gesù "vive", perché là dove Gesù è a casa sua, anche il discepolo troverà la propria dimora. Il "luogo" dove sta Gesù è il Padre (cfr Gv 1,18; 12,45; 14,3-9; 17,6-11). Anche il discepolo deve collocarsi a partire da questo luogo (cfr Gv 12,26); deve "dimorare" presso Gesù. L'uso del verbo "dimorare" nel vangelo di Giovanni indica la condizione essenziale per entrare gradualmente nel mistero di Cristo. L'incontro dei primi discepoli con Gesù è decisivo e avvia una presenza durevole, indicata dall'ora decima, che è "l'ora perfetta della storia del mondo" (cfr Filone, Vita di Mosè 1,96), l'ora del compimento, in cui si conclude la ricerca dei discepoli: l'incontro con Gesù. I discepoli ora seguono Gesù non per impulso di altri, ma perché affascinati da un'esperienza personale. Da questo momento, essi incominciano a chiamare altri a seguirlo. Il loro annuncio è la comunicazione di una certezza: Gesù è il Messia. Ogni chiamata riproduce sempre il loro itinerario spirituale di vita: annuncio, conoscenza ed esperienza diretta di Gesù. Così Andrea si fa guida del fratello Simone verso Gesù. Egli, prima testimonia la sua fede, comunicando l'esperienza avuta con il Messia, poi stimola il fratello a vivere in prima persona l'esperienza che lui ha vissuto. Lo sguardo con cui il Maestro accoglie Simone è così profondo che basta a capovolgerne la vita. Simone riceve il nome di Pietro dalla "Pietra spirituale" che è Cristo (cfr 1Cor 10,4). |