Omelia (20-01-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Marco 2,18-22

Una festa di nozze è l'occasione classica per darsi all'allegria. Le nozze diventano così una figura del tempo della salvezza, come leggiamo anche nel libro di Isaia: "Dio gode con te come lo sposo con la propria sposa" (62,5; cfr 61,10). Questa immagine è ancora più rafforzata dall'applicazione del Cantico dei cantici ai rapporti tra Dio e la nazione ebraica.

Gesù, presentandosi come lo Sposo, spiega la sua presenza in terra come il sopraggiungere del tempo della salvezza in cui si adempie la beatificante promessa di Dio, In questo tempo di nozze non è immaginabile che gli invitati facciano digiuno. Fin dal principio la Chiesa ha compreso questo insegnamento, e nella sua liturgia risuona l'eco della sua allegrezza: "Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo" (At 2,46-47).

La risposta di Gesù è chiarissima, però è anche scandalosa per i discepoli di Giovanni e per i farisei, perché Gesù si presenta come lo Sposo, richiamandosi ai profeti dell'Antico Testamento: "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio Compiacimento e la tua terra Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te" (Is 62,4-5). Gesù si identifica con lo Sposo-Dio innamorato del suo popolo, evocato dai profeti (cfr Os 2,18; 3,3-5; Ez 16,8-14; Is 54,5-6; ecc.).

I "giusti" digiunano perché ignorano l'amore gratuito di Dio che mangia con i peccatori e i non meritevoli. Tutti intenti a meritare l'amore di Dio con le loro opere, non si accorgono che l'amore meritato non è né gratuito né amore; se ne escludono proprio con il loro sforzo per conquistarlo.

Questo brano ci fa fare un passo in avanti rispetto al brano precedente: il nostro mangiare da peccatori perdonati con il Signore non è un banchetto qualunque, è un pranzo di nozze. Questa è la gioia inesprimibile che nessuno avrebbe osato sperare: in Gesù si celebrano le nozze di Dio con l'umanità. Lui si è unito a noi per unirci a sé. Si è fatto come noi per farci come lui. "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventasse Dio" (s. Ireneo). Ora i due vivono in comunione e intimità di vita, formano una carne sola e hanno un unico Spirito.

"Il principale motivo della venuta del Signore è quello di rivelare l'amore di Dio per noi e di inculcarcelo profondamente... Cristo è venuto soprattutto perché l'uomo sappia quanto è amato da Dio" (s. Agostino). Dalle prime pagine della Bibbia fino alle ultime, Dio si presenta come il nostro unico interlocutore, il nostro Sposo geloso. Il rapporto donna-uomo è figura del rapporto uomo-Dio. Egli ci ama di un amore eterno. Il vero cristiano è colui che ha conosciuto e creduto all'amore che Dio ha per lui (1Gv 4, 16) e dice il suo sì matrimoniale a Colui che da sempre gli ha detto sì, e vive nella gioia dell'unione sponsale con lui. Se nel passato digiunava nell'attesa dello Sposo, ora gode della sua presenza e celebra il pranzo delle nozze. Anche lui conoscerà il digiuno (v. 20) nei giorni in cui lo Sposo gli sarà strappato con violenza nella morte di croce.

Il discepolo è unito al suo Signore come la sposa allo sposo. L'altra parte dell'uomo, la costola che gli manca e che freneticamente cerca e ricerca, è Dio. Questo mistero è grande (Ef 5,32): è il più grande mistero dell'universo. L'amore nuziale è il più bel modo di esprimere il nostro amore con Dio. Con la venuta di Gesù si compie la promessa di Dio alla sposa infedele: "Ti farò mia sposa per sempre... e tu conoscerai (=amerai) il Signore (Os 2,21-22).

Chiamandosi sposo, Dio ci ha dato la più bella presentazione di sé e di noi. Sposo e sposa sono due termini relativi, dei quali l'uno non può stare senza l'altro. Colui che liberamente ci ha creati, necessariamente ci ama di amore eterno (Ger 31,3) e ci comanda: "Amami con tutto il cuore" (cfr Dt 6,4), perché anch'io ti amo e non posso non amarti.

L'Amore vuole essere liberamente amato. La grandezza dell'uomo è amare Dio. E uno diventa ciò che ama. Lo stesso amore che ha fatto diventare Dio uomo, fa diventare l'uomo Dio.

Con le parabole del nuovo e del vecchio (vv.21-22), Gesù individua una prima fondamentale resistenza nei confronti del suo messaggio. Si può rifiutare la conversione evangelica in nome dell'equilibrio, della saggezza, del buon senso, della tradizione, del "si è sempre fatto così": valori più che sufficienti per mettere in pace la coscienza. Tutte queste cose significano attaccamento al proprio schema e rifiuto di rinnovarsi: esattamente il contrario del "convertitevi e credete nel vangelo" (1,15).

Gesù Cristo è stoffa nuova, vino nuovo. Non si può appiccicare Cristo e il suo vangelo su una mentalità vecchia, su un modo vecchio di vivere: si perderebbe la tranquillità di prima senza acquistare la gioia della conversione.

La venuta dello Sposo rinnova a tal punto l'uomo, che egli non può pensare di adattarsi in qualche maniera a questa radicale novità. Aprirsi ad essa significa accettare che tutto ciò che è vecchio crolli per far posto al nuovo. Tutte le religioni, compresa quella ebraica, e le comunità dei discepoli di Giovanni Battista, sono otri vecchi, incapaci di contenere il vino nuovo che è la vita nuova in Cristo, lo Spirito Santo, l'amore stesso di Dio, la vita di Dio. Il cuore di pietra era l'otre vecchio per la lettera che uccide; il cuore di carne è l'otre nuovo per lo Spirito che dà la vita (cfr 2Cor 3,6).