Omelia (15-08-2020)
diac. Vito Calella
Generare Cristo oggi in comunione con Maria sposa dello Spirito Santo

L'ascolto della parola di Dio contenuta nel libro dell'Apocalisse ci induce a pensare alla glorificazione di Maria assunta in cielo, perché ci ha raccontato dell'apparizione di «un segno grandioso che apparve nel cielo: una donna gravida, vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle» (Ap 12,1). Nella storia dell'arte, sia con la pittura, sia con la scultura, soprattutto in occidente, Maria, la santissima Madre di Dio, è stata raffigurata ispirandosi a questo testo dell'Apocalisse. In realtà, quella donna che «era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto» (Ap 12,2) rappresenta la nostra comunità cristiana, cioè la Chiesa. È ciascuno di noi in comunione con tutti i fratelli e sorelle; siamo tutti noi convinti e responsabili credenti nel Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. I piedi della donna sulla luna significano la Chiesa inserita nella storia dell'umanità segnata dal tempo cronologico. La luna è il simbolo del tempo che trascorre con il susseguirsi delle sue fasi. Le dodici stelle ci ricordano la predicazione dei dodici apostoli, perché la Chiesa dopo la Pasqua di Cristo, si fonda sulla testimonianza della fede apostolica dei dodici.
Siamo paragonati, tutti insieme, ad una donna gravida custode di una missione divina: la missione di generare Cristo nella storia dell'umanità, cioè di conoscere e amare Gesù, farlo conoscere e farlo amare proponendolo al cuore di ogni essere umano come il Signore della vita, il re dell'Universo, «destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro» (Ap 12,5b). Gesù Cristo è «il risorto dai morti». (1Cor 15,20a).
Egli già vive nella gloria della comunione eterna con il Padre, ha già realizzato la sua missione nel mondo, è già stato «rapito verso Dio e verso il trono» (Ap 12,5c).
Conoscere e amare Gesù è come una nuova nascita. Lo abbiamo sperimentato noi. Lo vogliamo proporre agli altri, soprattutto a coloro che ancora non lo hanno scelto per diventare il fulcro centrale della loro esistenza. E sono quelli della porta accanto, possono anche essere nostri parenti, nostri amici. Possono essere anche quei cristiani già battezzati che hanno volutamente abbandonato la loro fede in Cristo, oppure rigettano il loro senso di appartenenza al corpo ecclesiale, per tanti motivi, anche per gli scandali e le cattive testimonianze dentro la Chiesa stessa. Sempre di più, in mezzo a noi, conviviamo con gente di altre religioni o con tendenze religiose tra le più disparate. È compito del "Noi ecclesiale" generare Cristo nel mondo di oggi, nella storia dell'umanità, nel cuore di ogni essere umano. Tutti noi credenti siamo corresponsabili di questa missione, non individualmente, ma sentendoci sempre uniti nella carità tra di noi, avendo la consapevolezza che, dal giorno dell'ascensione al cielo di Gesù risuscitato fino al giorno della sua seconda venuta gloriosa alla fine della storia del mondo, siamo tutti immersi in un tempo qualitativo che è superiore a quello quantitativo e cronometrato degli anni, dei mesi, delle settimane, dei giorni, delle ore, dei minuti, dei secondi, siamo cioè nell'ora dello Spirito Santo, «ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo» (Ap 12,10).
Generare Cristo nel mondo è sempre stata una sfida più grande delle nostre forze e delle nostre capacità.
Cosa rappresenta il segno dell' «enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi» (Ap 12,3), che, dopo aver trascinato un terzo delle stelle del cielo precipitandole sulla terra, voleva divorare il bambino appena nato (Ap 12,4)? Rappresenta tutte quelle forze contrarie al piano divino del Padre di «ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo e quelle della terra» (Ef 1,10), con la potenza e la forza dello Spirito Santo. Se quando fu scritto il libro dell'Apocalisse quel drago personificava la potenza persecutrice dell'impero romano contro le comunità cristiane, oggi rappresenta la cultura dello scarto dei più poveri e indifesi, basata sull'idolatria del denaro. Oggi rappresenta la cultura dell'autorealizzazione, basata sull'illusione di voler bastare a se stessi con uno stile di vita individualista e profondamente edonista. Oggi rappresenta l'esaltazione dell'Io che, per prevalere sugli altri, adotta i principi del potere, del piacere e della paura, realizzando relazioni divisive e conflittuali piuttosto che relazioni di comunione e di rispetto della dignità dell'altro. Il dragone c'è al giorno d'oggi in tanti modi volendo divorare il Cristo generato continuamente dalla missione della Chiesa nel mondo. Come corpo ecclesiale ci sentiamo protetti da Dio, ma pur sempre in un deserto, consapevoli della vittoria finale del Cristo, già vincitore sulla morte e su ogni esperienza divisiva evocatrice della morte / peccato di Adamo.
Cosa c'entra la nostra missione di Chiesa di generare Cristo nel mondo, di fronte al dragone di una cultura anticristiana, con la solennità dell'assunzione di Maria al cielo?
Maria, la vergine Madre di Dio, ci insegna innanzitutto che prima del "corpo ecclesiale" viene la cura della nostra individuale corporeità vivente, custode del tesoro preziosissimo della vita divina, cioè del dono dello Spirito Santo in ciascuno di noi.
Maria è colei che, più di tutte le creature umane apparse sulla terra, ha sperimentato quanto sia vera e potente la presenza divina dello Spirito Santo nella sua corporeità di giovane donna e di madre. Lo Spirito Santo presente e agente in lei dipendeva dalla sua libertà perché il Padre «realizzasse in lei grandi cose e il nome di Dio fosse santificato» attraverso la sua stessa esistenza di donna del suo popolo, Israele.
La scelta libera di Maria, giovane donna, fu quella dell'umiltà: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48).
Cosa significò per Maria essere l'umile serva del Signore?
Fu donna del silenzio e dell'ascolto della Parola del Signore, donna di preghiera; fu gioiosa custode delle promesse dell'Antico Testamento, che lei meditava confrontandole continuamente con gli avvenimenti della sua vita. Con le sincere parole di Elisabetta, le vogliamo dire: «Beata tu sei, Maria, perché hai creduto nell'adempimento di ciò che il Signore ti ha detto» (Lc 1,45). Fu donna dell' «eccomi», donna della resa incondizionata alla volontà del Padre: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Solo un cuore svuotato e disponibile come il suo poteva lasciar piena libertà di azione allo Spirito Santo in lei e nella sua vita. La resa o la consegna alla volontà di Dio, in Maria, rese le sue mani, i suoi piedi, la sua bocca, tutto il suo corpo, con tutta la sua limitatezza e fragilità, strumento meraviglioso di comunicazione e irradiazione della gratuità dell'amore di Dio attorno a sé.
L'umiltà del suo essere serva la rese donna del servizio. Maria rese cioè la propria corporeità vivente strumento di relazioni di pura gratuità, generatrici di gioia. Il suo incontro con Elisabetta è l'esempio luminoso di una relazione nel rispetto reciproco della comunione di vera gratuità.
Abbiamo in Maria un esempio di creatura umana da imitare. Così come Maria, «noi abbiamo questo tesoro [dello Spirito Santo] in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi». (2Cor 4,7).
Maria, la vergine Madre di Dio ci insegna poi la sfida dell'esserci per scomparire nel corpo ecclesiale con la propria corporeità vivente consegnata all'azione dello Spirito Santo. Le Sacre Scritture attestano Maria presente con la comunità cristiana e con i dodici in preghiera in attesa della Pentecoste: «Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1, 14). Dopo di che non sappiamo più nulla di lei. I libri del Nuovo Testamento tacciono, non dicono più nulla della sua vita, nemmeno della sua assunzione al cielo, che è una tradizione attestata dal VI secolo in poi nella storia della Chiesa. Possiamo azzardarci a dire che anche noi rientriamo tra «tutte le generazioni che la dichiarano beata» (Lc 1,48b) proprio perché Maria c'è stata per scomparire nel Corpo ecclesiale. Esserci per scomparire nel corpo ecclesiale significa questo: più lo Spirito Santo agisce liberamente in ciascuno di noi, uno ad uno diventando responsabilmente e gioiosamente strumento della gratuità dell'amore di Dio con il vaso di creta della nostra vulnerabile corporeità vivente, più prevale in noi la gratitudine per la comunione che ci rende uniti nella carità e già eternamente uniti al Padre e al Figlio. Scompare completamente il nostro "Io" per far prevalere il "Noi ecclesiale", cioè la forza della comunione che «disperde i superbi nei pensieri del loro cuore; rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili; ricolma di beni gli affamati, rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1, 51-53). Maria visse così profondamente la sua consegna all'azione dello Spirito Santo che, nel tempo della Chiesa, coincidente con il tempo dello Spirito Santo, fece scomparire completamente il suo "Io" vivendo in comunione piena con tutti gli apostoli, con tutti i credenti. Maria divenne essa stessa la figura della Chiesa / donna gravida generatrice del Cristo risuscitato in mezzo alle sfide della lotta contro il dragone satanico, oppositore della signoria di Cristo sulla storia dell'umanità e della creazione.
La tradizione della Chiesa attesta che il Cristo stesso risuscitato la prese con sé nell'ora della sua morte, senza che il suo corpo subisse la corruzione perché fu così radicale la consegna di tutto se stessa con la sua corporeità vivente alla volontà del Padre che continua ad esserci in comunione vera e profonda con ciascuno di noi inseriti nel "Noi ecclesiale", sostenendoci e aiutandoci, nella nostra lotta contro il dragone della cultura antievangelica. Maria, con il suo canto, ci dà la certezza che il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo, così come «ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia», soccorre continuamente il nostro "Noi ecclesiale" grazie al suo sicuro esserci in comunione con tutti noi, affinché realizziamo la missione di far conoscere e amare Gesù facendolo nascere nel cuore di ogni uomo e donna del nostro tempo.