Omelia (06-10-2003) |
Paolo Curtaz |
Dio è amore, ovvio. Almeno questi duemila anni di cristianesimo a qualcosa sono serviti! Anzi: il nostro mondo parla e strpalra dell'amore: di coppia, tra genitori e figli... Solo che – stringi stringi – ci rendiamo conto che non è semplice davvero capire in che cosa consista davvero l'amore. Così il simpatico dottore della legge fa una delle figure più meschine dell'interno vangelo: lui sa, conosce, sfida Gesù ma appena deve concretizzare resta impantanato, si ferma nelle secche della quotidianità. E Gesù racconta l'amore, l'amore più assurdo, inaudito: un uomo ferito e due devoti che non lo vedono neppure, che tirano diritto pur essendo stati al cospetto di Dio. Tragica farsa dell'essere umano che riesce a costrursi una fede che lo allontana dal fratello! Ma l'inaudito è tutto in quel "invece, un samaritano": un samaritano cioè un nemico, un cane, uno di quelli da sbattere fuori, che vengonoa rubarci il lavoro, si ferma e si prende a carico lo sconosiuto, gratuitamente, senza aspettarsi un premio o un riconoscimento. Ecco l'amore, dice Gesù, saper riconoscere il volto del fratello sempre e comunque, sapere cambiare i programmi della propria giornata sporcandosi le mani del sangue del ferito. E la conclusione tagliente: "non chiederti chi è il tuo prossimo, ma a chi sei disposto a stare vicino?". Splendida meditazione per oggi, amici: non aspettate che sia l'altro ad avvicinarsi, fate voi il pirmo passo, fatevi carico dell'altro, così come Gesù, Buon Samaritano, si è fatto carico di me e di voi... Tu ti sei fatto prossimo ad ogni uomo, e come un buon Samaritano versi sulle piaghe feritedell'umanità l'olio della consolazione e il vino della speranza, Dio benedetto nei secoli! |