Omelia (07-10-2003)
Paolo Curtaz


Betania: il nome ricorda, ai discepoli, un piccolo villaggio che sorge nel retro del monte degli ulivi, a pochi chilometri da Gerusalemme. La si raggiunge, ancora oggi, con una bellissima passeggiata in mezzo agli ulivi e ce lo vediamo Gesù, alla fine della giornata, che scende nella valle del Cedron, e lasciati lì i suoi compagni, si dirige tutto solo verso questa casa abitata da questi tre fratelli: Marta, Maria e Lazzaro conosciuti chissà come, chissà quando. Betania diventa il rifugio di Dio, il luogo dell'ascolto e della chicchiera, della cena alla fine della dura giornata di predicazione. Tremano i polsi avedere questo Dio che ha bisogno di ascolto, questo umanissimo Dio che bussa alla porta di questi amici non per evangelizzare ma per essere accolto. E nel quadretto famigliare di oggi il Signore ci lancia un messaggio: l'azione di Marta è sterile se non è fecondata dall'ascolto di Maria. E – aggiungo – la preghiera è fasulla se non sfocia nel servizio. Una proposta, allora: perché non far diventare "Betania" la nostra giornata? Dedicare ogni giorno un momento, anche piccolo, in cui interrompiamo il flusso di parole che rivolgiamo a Dio per metterci in ascolto di ciò che lui, una volta tanto vuole dirci. Siamo la consolazione di Dio, amici, siamo la consolazione di Dio...

Insegnaci l'ascolto, seduti ai tuoi piedi come Maria, insegnaci il coraggio del silenzio, l'ardire della preghiera, perché ogni nostra azione sia riempita di interiorità, tu Dio nascosto che parli ai nostri cuori e alla nostra vita.