Omelia (10-10-2003)
Paolo Curtaz
Commento Luca 11,15-26

Una regola banale, nella vita spirituale, sconosciuta ai più; d'altronde come biasimarli? Oggi si parla dell'avversario (è il nome che usa Gesù: lo trovo splendido! Un avversario si può battere!) e della lotta che possiamo trovarci a combattere. Succede, l'hai già vissuto amico in ascolto: periodi bui: Dio non si sente, tutto va storto, sembra proprio che il destino si accanisca contro di te. E' il momento della prova: tutto sommato il tuo cuore ha conosciuto Dio, non stai percorrendo strade che ti portano lontano da lui o da te stesso eppure... L'avversario agisce e agisce proprio quando le cose sembrano andare bene; perciò Gesù ammonisce i suoi a non cercare situazioni improbabili di perfezione cristiana. Mi spiego: la stragrande maggioranza delle persone che ho confessato - credo succeda anche a voi amici preti! - si lamenta del fatto di commettere sempre - più o meno - gli stessi peccati. Come a dire: il mio sogno sarebbe arrivare davanti al confessore, sorridere e dire: tutto bene, nessun peccato! No, amici, no: alle volte è bene restare consapevoli della propria fragilità per non correre il rischio di essere travolti come l'uomo della parabola. Va bene così, allora, concetriamo piuttosto il nostro sguardo sulla tenerezza di Dio che non sulla nostra ansia di miglioramento, guardiamo a Lui e non a noi!

Ci spaventa, Signore, la parte oscura di noi, il peccato, l'autolesionismo, l'egoismo. Eppure tu, Dio paziente, ci chiedi di accettare con realismo i nostri limiti, mettendoli nelle tue mani. Aiutaci a fissare lo sguardo più sul tuo perdono che sul nostro peccato, Dio paziente e misericordioso.