Omelia (01-11-2020) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Per cercare le cose di lassù "La nostra patria è nei cieli"(Fil 3, 20), ci ricorda Paolo delineando la provvisorietà della nostra vita e la transitorietà che ci caratterizza come uomini e come soggetti viventi. Con queste parole non ci vuole distogliere dagli impegni della vita presente o alienarci in una forma di astrattismo consolatorio: siamo sempre cittadini di questo mondo presente, operanti nel tempo provvisorio, del quale siamo costruttori solleciti, chiamati giorno per giorno a vivere con impegno la realtà concreta nelle nostre azioni e nei nostri progetti anche a breve scadenza. Siamo soprattutto testimoni di valori, di ideali e assertori nella vita di una fede che ci contraddistingue e di indentifica agli occhi di tutti. Ciononostante siamo pellegrini "nel mondo, ma non del mondo"(Gv 17, 11- 16), vale a dire prendiamo le distanze dal fascino di questo secolo e dalla sua mentalità perversa, dalle seduzioni terrene delle felicità passeggere e della consueta ideologia di turno: seppure incentrati in questo mondo, siamo orientati verso comunione piena con Dio e con coloro che ci hanno preceduti nella gloria. In altre parole, viviamo il presente con impegno, orientati verso la gloria futura, cioè verso la meta definitiva del Cielo. Il cristiano vive il tempo presente, lo costruisce giorno per giorno e per esso si adopera, consapevole che l'oggi è proteso verso l'avvenire e che questo avvenire è la gloria futura. Cristo risuscitato e vittorioso sulla morte ci ha infatti assicurato che "chiunque vive e crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno"(Gv 11, 25 - 26) e la perseveranza nella sua parola e nei suoi insegnamenti è garanzia di vita eterna; in lui la vita presente è caparra della gloria che avremo in pienezza in futuro, ragion per cui "se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù, dov'è assiso Cristo alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra."(Col 3, 1 -2). Il cielo comincia già sulla terra ma diventa nostra patria stabile nel paradiso al quale tutti siamo destinati e verso il quale, arrancando, cerchiamo di arrivare nella speranza. Lo stesso Signore Risorto, meta ultima del nostro pellegrinaggio, ci si propone quale guida e modello di perfezione affinché il conseguimento della nostra patria celeste possa essere facilitato e spedito, tuttavia la Chiesa ci invita ad ammirare con predilezione tutti coloro che con fiducia, creatività e perseveranza allo stesso Cristo si sono configurati seguendo le sue orme e che ci hanno preceduti nel traguardo della gloria, godendo ora della piena visione del volto del Signore nella comunione eterna con lui e fra di loro. Stiamo parlando dei cosiddetti "Santi", uomini e donne che hanno vissuto ciascuno una tappa differente della storia umana; persone che come noi hanno sofferto per ingiustizie subite ed esultato per traguardi raggiunti e per premi meritati; hanno conosciuto l'ansia dei problemi e il sorriso delle vittorie, che hanno perseverato per portare a termine i loro ideali, lottando spesso a mani nude nelle immancabili battaglie della vita. Persone che hanno esternato ciascuno particolari talenti e virtù, ognuno identificandosi per un carisma peculiare o per una particolare prerogativa che in un modo o nell'altro non è passata inosservata. Soggetti che non hanno mai rinnegato i loro principi né smentito la loro appartenenza a Cristo Salvatore; non si sono risparmiati nell'esercizio della virtù e nell'amore verso il prossimo, sia che abbiano vissuto la contemplazione mistica o la fatica intellettuale, sia che si siano sospinti con coraggio in eroici esercizi di carità o di missione verso gli ultimi o verso i lontani. Persone radicate e motivate dalla fede e dalla speranza, sia che abbiano dato la loro vita con l'effusione del sangue, sia che abbiano vissuto il martirio nella fattispecie delle sofferenze di tutti i giorni. Uomini sempre convinti della loro identità e consapevoli dei loro progetti e delle loro aspettative future, sempre orientati al monito di Paolo a non spegnere lo Spirito (1Ts 5, 19) e a dare testimonianza con Esso del Risorto. Alcuni di essi erano già esaltati dal consenso popolare durante la loro vita terrena, altri hanno avuto notorietà soltanto dopo il loro transito a miglior vita, altri addirittura destinati a restare sconosciuti alle masse e altri ancora che tuttora sono perfino estranei ai nostri calendari e alle nostre agiografie. Sia pure nelle differenze sostanziali sopra ricordate, tutti sono stati spronati da un unico ideale e da un unico obiettivo che diventava ogni volta l'oggetto della loro testimonianza: Dio e Cristo suo Figlio, la carità perfetta e l'irreprensibilità sono sempre stati elementi con cui hanno veicolato l'attualità del messaggio evangelico. Li definiamo "Santi" ma con questo appellativo forse consideriamo in loro soggetti umani del tutto differenti da noi, avulsi dal nostro vissuto o quantomeno lontani dai nostri comuni atteggiamenti. Oppure non ci reputiamo all'altezza delle loro virtù e dei loro meriti, li consideriamo eroi encomiabili, ma irraggiungibili o difficilmente emulabili. Ammiriamo le loro virtù e i loro miracoli dei quali veniamo a conoscenza leggendo le pagine della loro biografia, li veneriamo attraverso immagini, icone, statuette votive, ma quanto alla loro vita siamo soliti, sia pure inconsciamente, considerarli "lontani" e distaccati. Eppure proprio la loro figura di uomini illustri nella fede e nella carità dovrebbe essere di sprone anche a noi perché cerchiamo "le cose di lassù" e persistiamo nella vita presente sempre orientati verso la patria che è nei cieli. I cosiddetti Santi non sono per natura differenti da noi, ma con la loro intercessione e nella proposta dei loro modelli di vita ci indicano piuttosto il percorso affinché anche noi diventiamo Santi, cioè perfetti e del tutto conformi al Santo che ci ha chiamati Gesù Cristo (1Pt 1, 15 - 16). Del resto, proprio questa è la nostra vocazione universale ineluttabile: la perfezione se consideriamo il solo punto di vista umano; la perfezione in Cristo se consideriamo la nostra posizione di credenti avvinti dal fascino della rivelazione, e in tal caso la perfezione si chiama "santità". Essere Santi, cioè perfetti sull'esempio del Cristo Redentore è vocazione universale assoluta e i particolari carismi di questi personaggi che veneriamo dovrebbero entusiasmarci nella ricerca della perfezione, l'assiduità delle loro opere e del loro zelo dovrebbero incoraggiarci a considerare possibile e non utopica la radicalità del vangelo e che proprio la vita nella fedeltà a Dio risiede tutta la realizzazione dell'uomo (Qoel 12, 6). La serenità con cui hanno vissuto patimenti e umiliazioni dovrebbe incuterci amore alla perseveranza nelle contrarietà e fiducia nel premio che inesorabilmente consegue alla sofferenza e al disanimo; la prassi convinta della loro carità operosa dovrebbe ragguagliarci che c'è più soddisfazione nel dare che nel ricevere, più gioia nel donarci che nel prendere con avidità ed egoismo. Con il loro aiuto e con la loro intercessione presso il Santo per eccellenza ci sono insomma di sprone perché ci predisponiamo sin d'ora a vivere la nostra patria che è nei cieli, cercando adesso le cose di lassù. |