Omelia (02-11-2020) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Gigi Avanti Non ci si abitua mai ai paradossi della liturgia della Chiesa. Risulta infatti benevolmente paradossale che, proprio nel giorno della Commemorazione dei Defunti, venga proposto questo brano evangelico di Giovanni conosciuto come "discorso eucaristico", discorso nel quale Gesù parla di "pane di vita", di "vita eterna", di "risurrezione da morte" assicurata da Gesù in persona a chi si sarà nutrito di quel Pane"... Quello che risulta ancor più paradossale, invece, è constatare quanto Gesù insista nel portare avanti il suo discorso che sistematicamente va a sbattere contro il muro di ritrosia e di incapacità di capire (credere?) di chi lo sta ascoltando nella sinagoga di Cafarnao. Gesù non demorde e martella ben bene nelle orecchie dell'anima la sconvolgente "Verità" della cosiddetta "morte". Verità scandita con passaggi di logica spirituale che lascia senza fiato: prima si auto dichiara come "vero Pane disceso dal Cielo" e poi precisa che questo Pane va mangiato (e il suo Sangue bevuto) se non si vuole morire per sempre. Comprensibile, umanamente parlando, a questo punto la reazione sospettosa e incredula degli ascoltatori che forse per la prima volta si trovavano a dover fare i conti con un "codice" di linguaggio della comunicazione senza neppure possedere uno straccio di "decodificatore". Diversa, invece, la situazione per gli ascoltatori di oggi per i quali c'è una via d'uscita. Quando ci si trova immersi in eventi attinenti alla sfera del "mistero" occorre predisporre anima e mente ad accettare di non capire... per poter capire a fondo, per poter far spazio alla accettazione di fede. Occorre attrezzarsi ad essere buongustai di mistero anziché intestardirsi a fare i collezionisti di prove con la pretesa ansiosa di voler "capire" prima di cedere alla quiete della fede. E perché ciò possa accadere occorre impetrare grazia quotidiana ("Dacci oggi il nostro pane quotidiano" - "Mio cibo è fare la volontà del Padre") soprattutto quando alcuni bocconi di mistero risultano repellenti o addirittura immangiabili. Come nel caso di una morte misteriosa e inspiegabile d'un proprio caro, magari di un proprio figlio (che pare essere l'esperienza di dolore più acuta e alta riservata all'essere umano avendola provata sulla Sua pelle lo stesso Dio Padre che ha "abbandonato" alla morte il Suo Unico Figlio...). "Se tutto è grazia, grazie di tutto, mio Dio" geme l'anima. Ed anche nel caso che la voglia di "spiegazioni" dovesse spingere la nostra mente a rivolgersi a Dio con il fatidico perché ("Perché proprio a me"...?) si abbia l'umiltà di ascoltare quella che immagino possa essere la risposta "paradossale" di Dio stesso: "E perché no?" Terreno di umiltà nel quale sarà bello e confortante lasciar cadere il seme della perentoria Parola di Gesù che rassicura: "Io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Promessa certificata e garantita dalla volontà del Padre. Che bella e confortante questa complicità spirituale tra Figlio e Padre capaci di far fuori una volte per tutte e per sempre la morte... nonostante il tragico, ma provvisorio, morire. |