Omelia (01-11-2020) |
don Mario Simula |
Una santità incompiuta Non penso ai santi del cielo, più o meno famosi, più o meno grandi. Sempre nostri fratelli e sorelle. Sempre vicini. Sempre esemplari. D'altra parte, le gerarchie di Dio non sono le nostre, anche riguardo alla santità. Penso alle nostre santità. Spesso incompiute e rimaste nella bottega di Dio. Quante volte ci alziamo alla luce col desiderio dell'amore, del sorriso, della cordialità, della presenza agli altri, della bontà e chiudiamo la giornata nella tristezza per essere ancora dolorosamente feriti dalle nostre inconsistenze. Ricordiamo tutti il primo amore che abbiamo dichiarato a Dio, perché Lui, per primo, aveva avuto il coraggio di proporcelo. Dov'è andato il primo amore? Il fuoco acceso nel cuore è il segno di un'adesione di fede e di carità al Dio di ogni tenerezza, eppure spesso dobbiamo contare le nostre pustole purulente che nascono da un ambiente interiore che non garantisce la custodia della genuinità della nostra vita. Se guardiamo nei ricettacoli del nostro animo, scopriamo di aver chiuso col chiavistello angoli e casseforti. Non nascondono i nostri tesori, ma le molte esperienze per le quali proviamo rossore e vergogna. Quelle esperienze che non raccontiamo a nessuno, nemmeno a noi stessi. Talvolta nemmeno a Dio perché non lo riteniamo in grado di guarirci. Sguardi che si sfuggono. Complimenti che si sprecano. Amicizie che convengono. Accordi che durano una stagione, ma non hanno il profumo di una comunità che si cerca anche nei suoi limiti. Santità senza passione. Santità formali. Santità dichiarate e non vissute. Santità che volano nell'aria ma non hanno una consistenza nella realtà dell'amore. Che cosa vuole dirci la Solennità dei santi? Credo alcune cose semplici ed essenziali. Le elenco come vengono alla mia mente e come affiorano nel mio cuore. Dio ci ha chiamati tutti alla santità. La santità delle strade, dei piccoli gesti, delle attenzioni impercettibili, degli atti di amore che non fanno clamore, sembrano, anzi, non esistere nemmeno, tanto sono delicati e discreti. Dio ci ha chiamati tutti alla santità nonostante i nostri limiti che Lui conosce bene. Questo significa che Dio comprende la nostra fatica e si mette accanto alla nostra fatica. Significa che Dio conosce le profondità del nostro cuore e non fa finta di niente anche se ci vede in difficoltà. Dio ci ha chiamati e ci chiama alla santità prendendoci per mano. Come ha fatto con Mosè, come ha fatto con Elia, come ha fatto con Davide, come ha fatto con Pietro, come ha fatto con Paolo. A volte fa bene immaginare e, possibilmente, sperimentare, raccogliendoci in noi stessi, la mano forte e dolce di Dio che stringe la nostra, senza scappare, senza "sanificarsi". A volte fa bene, e ci mette su una strada nuova, sentire l'abbraccio di Dio tanto simile a quello del Padre che accoglie il figlio irriconoscibile che ritorna a casa. Ci consola la parola di Gesù che insiste con Pietro nel chiedergli l'amore o almeno l'essere voluto bene. La santità per noi è sentire Dio Amore. E' sentire Dio artista della nostra persona. E' sentire Dio costruttore di prodigi, servendosi della nostra pasta fragile. La santità è ritornare col cuore spezzato e amante, al banchetto prezioso preparato per noi da un Padre impenitente nell'amarci. La santità è il dono consolante delle lacrime che sgorgano copiose, perché il nostro amore è povero e limitato, sofferente ma anche pieno di speranza. Le lacrime di una donna che ha molto peccato e adesso ha imparato a molto amare. La santità è guardare con occhi limpidi la torbidità del nostro cuore, senza nasconderla perché sembri che non ci sia. E' guardare con verità chi siamo, cosa vogliamo, che cosa conta veramente per noi. La santità, o almeno il suo inizio, è la forza di chiedere a Dio: "Signore, scruta il mio cuore. Guardalo fino in fondo. Orienta i nostri occhi ad avere lo stesso tuo coraggio, senza girare la faccia dall'altra parte". Amare Dio con tutte le nostre forze fragili, con tutto il nostro cuore instabile, con tutta la nostra mente volubile e nebulosa. Amare il prossimo, sapendo che facciamo distinzioni, differenze e discriminazioni. Amarlo, comunque, come noi stessi. Come noi stessi. Un punto da verificare. Tanta santità irriconoscibile è dovuta alla poca stima delle nostre persone, per le quali Dio ha, diversamente da noi, gridato di gioia. Guardati dentro, guardati attorno, guarda nella mente e nel cuore, guarda il tuo corpo, guarda il mondo che ti circonda e sentirai una voce che silenziosamente ci dice: "Siate santi, come io sono santo. Anche se sei debole. Io mi spenderò sempre per te". Don Mario Simula |