Omelia (01-11-2020)
don Alberto Brignoli
Dal Comune delle Beatitudini

Nel Messale Romano - del quale, tra l'altro, presto inizieremo a usare una nuova versione - dopo la parte che contiene il Proprio dei Santi, ovvero i Santi che ricordiamo attraverso il Calendario Liturgico e ai quali la Liturgia assegna delle orazioni e delle parti proprie, troviamo la parte cosiddetta dei "Comuni", dove vengono raggruppate preghiere e antifone per celebrare il culto di quei Santi che non hanno parti liturgiche loro proprie. È interessante perché - gli "addetti ai lavori" lo sanno bene - questa parte del messale è suddivisa in categorie, secondo una ben precisa "gerarchia": si inizia con la Chiesa e con la Beata Vergine Maria, e poi si prosegue con la schiera dei santi, catalogati, pare, in ordine di "importanza" o di rilevanza.
Si comincia con i grandi testimoni della fede (i martiri), per poi proseguire con coloro che hanno sorretto la Chiesa con il carisma dell'autorità (il "munus pascendi" dei pastori) e con il dono della dottrina (il "munus docendi" dei dottori); vengono poi le donne che hanno consacrato la loro vita a Cristo con il dono totale di sé (le vergini), e infine la categoria più generica "dei santi e delle sante", che comprende tutti coloro che non rientrano in alcuno dei carismi precedenti. Anche lì, però, esistono ulteriori suddivisioni, che rispettano un sistema gerarchico che mi permetterei di definire quantomeno "criticabile": si comincia infatti dai religiosi (quelli non sacerdoti), seguiti dagli operatori di misericordia e dagli educatori, per giungere - dulcis in fundo - alle sante, non ulteriormente specificate. E questo, con una certa dose di insano maschilismo ecclesiastico, secondo il quale la categoria più bassa nelle gerarchie celesti sarebbe rappresentata da quelle sante donne madri di famiglia che hanno testimoniato il Vangelo "solamente" lavando panni, stirando camicie e cucinando per i propri cari, oppure da quelle donne che non possono più essere annoverate tra le vergini in quanto avevano fatto una scelta di vita dedicata all'amore per un'altra persona, ma poi avrebbero "dato un senso" alla loro esistenza ritirandosi dal mondo o fondando famiglie religiose dedite alla carità e all'educazione. Come se l'ordinarietà della vita di ogni giorno fosse una santità di serie B o C...
Speriamo che in Paradiso non si segua la scansione del Messale, anche perché non penso ce ne sia più bisogno, visto che la Liturgia Celeste è perenne, e quindi - credo - senza ruoli e senza norme!
Ma spero anche che la festa di Ognissanti, che celebriamo sempre come una festa che apre alla speranza, faccia riscoprire alla Chiesa pellegrina sulla terra un'altra categoria di sante e di santi, quella del Comune delle Beatitudini, dove rientrano donne e uomini "di ogni nazione, tribù, popolo e lingua" (ma io ci aggiungerei anche di "ogni religione") che sono sante e santi non perché guide autorevoli del popolo di Dio, ma perché hanno vissuto in questo mondo con mitezza, nascosti nel silenzio umile della quotidianità;
sante e santi non perché consacrati anima e corpo a Dio nella purezza della verginità, ma perché puri di cuore, ingenui forse fino all'eccesso, incapaci di vedere il male, ansiosi solo di trovare in ogni uomo, anche nel peggiore, un germe di bontà;
sante e santi non perché eroici nel combattimento contro il male fino a morire per Cristo, ma perché hanno cercato di costruire pace intorno a sé, comunque e dovunque;
sante e santi non perché capaci di scrivere opere di altissima spiritualità o di sublime teologia, ma perché capaci di compiere opere di misericordia verso tutti, a partire dagli ultimi, dagli afflitti, dai bisognosi di giustizia e dai perseguitati di ogni epoca e di ogni luogo, ai quali hanno aperto le porte della sala del banchetto dell'Agnello;
sante e santi non perché ricchi di doti e carismi soprannaturali, ma perché poveri nello spirito, consapevoli di necessitare di tutto, e di non poter fare altro, nella vita, se non di affidarsi a Dio.
Sono i Santi del Monte delle Beatitudini, che non hanno, e credo mai avranno, una sezione loro dedicata in un Messale o in un Lezionario: ma credo anche che non ne avranno a male. Hanno amato Dio e l'umanità: e questa è la loro ricompensa nei cieli.