Omelia (01-11-2020) |
don Lucio D'Abbraccio |
I Santi: nostri amici e modelli di vita Quest'oggi la Chiesa festeggia la solennità di Tutti i Santi. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio. La gloriosa schiera dei santi intercede per noi presso il Signore, ci accompagna nel nostro cammino verso il Regno, ci sprona a tenere fisso lo sguardo su Gesù il Signore, che verrà nella gloria in mezzo ai suoi santi. Nella prima Lettura, l'autore del libro dell'Apocalisse li descrive come «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua». Infatti il numero «centoquarantaquattromila», usato da san Giovanni, è un simbolo per indicare una moltitudine sconfinata di santi (12x12x1000= 144.000; 12 nella Bibbia, è il numero della pienezza e viene moltiplicato per se stesso e poi per 1000, che è il numero della grande quantità). Questa moltitudine immensa comprende i santi dell'Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell' inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l'impulso dell'eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo. Ma «a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?». Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. È una domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: «I nostri santi - egli dice - non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri». Ecco dunque il significato dell'odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi si deve risvegliare in noi il grande desiderio di essere come loro: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo significa dunque: «vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia». Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? Per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Per essere santi è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d'animo di fronte alle difficoltà. «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà» (cf Gv 12, 26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a se stesso. Egli infatti sa che «chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (cf Gv 12, 24-25). L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello». I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cf Ap 20, 12); loro eterna dimora è il Paradiso. L'esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui. Ma qual è l'annuncio evangelico della santità? Esso trova una sintesi efficacissima nelle beatitudini, le acclamazioni con cui Gesù apre il «discorso della montagna». Dice infatti Gesù - lo abbiamo ascoltato nel Vangelo -: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia. In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l'afflitto, il mite, l'affamato e l'assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l'operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l'impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell'ago (cf Mc 10, 25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cf Mt 5, 48). Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e Regina di Tutti i santi, affinché Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen. |