Omelia (21-10-2003)
Paolo Curtaz


Il sonno è la nostra dannazione amici. Ah, bhé, non il sonno che stai provando in questo uggioso martedì di ottobre, amico ascoltatore, pensando magari a quanto lontano siano le vacanze. No, il sonno della coscienza e dell'anima, quel sonno che ti fa credere che – in fondo – va tutto bene così. Che le guerre ci saranno sempre, le carogne in ufficio anche, che il sistema è inarrestabile, che occorre arrendersi all'evidezna. E tuti i sogni che avevi nella testa da adolescente arrabbiato, sogni ingenui, certo, ma pur sempre sogni, quelli che avevi quando ti sei sposato o facevi servizio all'oratorio, li guardi con un sorriso di compatimento. Il sonno, amici, che ci fa abituare alla fede, convinti che ormai il Signore è terribilmente in ritardo e che – se tornerà – non sarà certo nei prossimi decenni. Guai alla vita assonnata, guai alla vita che si ripete e ci costringe, ci uccide nella banalità e nella tristezza. Ecco la ragione della preghiera e della comunità e del ritrovarsi: per stare svegli. Ecco perché leggiamo a lungo la Parola, per tenerci svegli dentro, per crescere insieme. Aiutiamoci, amici, che Dio ci sia sempre pungolo e stimolo, desiderio e inquietudine finché non verrà, forse nel cuore della notte, e ceneremo con lui. Ecco un buon proposito per oggi, che dite? Restiamo svegli.

Nella notte, o Dio, noi veglieremo, con le lampade, vestiti a festa, presto arriverai e sarà giorno.