Omelia (02-11-2003) |
Paolo Curtaz |
Oggi, amici, celebriamo la speranza dei cristiani rispetto ai nostri fratelli defunti. Si parla poco e male della morte, in questo nostro misterioso e schizzofrenico tempo: da una parte ceniamo davanti al televisore che ci porta in casa stragi e fatti di cronaca, dall'altra importiamo tradizioni come la festa di Hallowen che tenta di esorcizzare la morte mettendola sul ridere. Ma chi ha conosciuto la morte, chi ha avuto una persona amata che se ne è andata, prende molto sul serio la morte, anzi la risposta al dilemma della morte in realtà dona senso alla nostra vita. Gesù ha una buona notizia sulla morte, su questo misterioso incontro, questo appuntamento certo per ognuno. La morte, sorella morte, è una porta attraverso cui raggiungiamo la dimensione profonda da cui proveniamo, quell'aspetto invisibile in cui crediamo, le cose che restano perché – come diceva il saggio Petit Prince – l'essenziale è invisibile agli occhi. Siamo immortali, amici, dal momento del nostro concepimento siamo immortali e tutta la nostra vita consiste nello scoprire le regole del gioco, il tesoro nascosto, come un feto che cresce per essere poi partoriti nella dimensione della pienezza. I nostri amici defunti – che affidiamo alla tenerezza di Dio- ci precedono nell'avventura di Dio. Dio vuole la salvezza di ognuno, con ostinazione, ma ci lascia liberi, poiché amati, di rispondere a questo amore o di rifiutarlo. Preghiamo oggi, amici, perché davvero il Maestro ci doni fedeltà al suo progetto di amore. Tu sei un Dio che ama la vita, Dio benedetto nei secoli! |