Omelia (18-11-2003)
Paolo Curtaz


Zaccheo manager riuscito: soldi a palate, rispetto (timore?) da parte dei suoi. E accade l'inatteso: Rabbì Gesù lo stana, lo vede, gli sorride: scendi, Zaccheo, scendi subito, vengo da te. Zaccheo scende, di corsa. Perché? Il fascino di Gesù lo ha riempito? Intuisce qualcosa? Gesù non giudica, né teme il giudizio dei benpensanti di ieri e di oggi: va a casa sua, si ferma, porta salvezza. Zaccheo è confuso, vinto: fa un proclama che lo porterà alla rovina (leggete! Restituisce quattro volte ciò che ha rubato!), ma che importa? E' salvo ora. Non più solo sazio, solo temuto, solo potente. No, salvo, discepolo, finalmente. Lui, temuto ed odiato, ora è discepolo.Che grande è Dio! Zaccheo siamo noi: travolti dal delirio quotidiano, concentrati a riuscire, frustrati perché non riusciti. Zaccheo sono io che do retta alle sirene intorno a me, sirene che mi chiedono sempre di più, sempre il massimo: al lavoro, a casa, nell'aspetto fisico. La fede non importa poi molto, sì, un po' di curiosità, qualche solletico New Age che tratta Dio come una serva e mette me, io, ego sempre al centro dell'universo. Eppure Dio ti ripesca lì, dove credi di essere arrivato. Dio ti stana, ti rincorre, ti tampina, ti tacchina. Perché ti ama, davvero: Lui sì, ti ama come sei.Dio ti cerca, lui prende l'iniziativa; Dio ti ama, senza giudicarti.

Signore, vieni nella nostra casa e fermati oggi, sarà una festa e una salvezza per noi, e cambieremo vita.