Omelia (01-02-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Marco 4,35-41 Il linguaggio vivo di questo racconto è come la sequenza di un film che coinvolge il lettore nell'evento. Pare incredibile che un passeggero se ne stia dormendo tranquillo durante una simile burrasca. Il racconto richiama il Libro di Giona: "Il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio Dio e gettavano in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: "Che cos'hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo" (Gn 1,4-6). Giona si dichiarò peccatore e si fece gettare in mare, e il mare placò la sua furia. Gesù è il Santo di Dio che domina il mare con la propria potenza divina. Per comprendere la potenza dimostrata da Gesù in questa occasione, bisogna intenderla come un esorcismo della burrasca, e le parole con cui egli comanda al mare come un espulsione di demoni. Il potere di Gesù sul vento e sul mare dimostra che egli domina le potenze demoniache. Gesù sgrida il vento come faceva con gli spiriti immondi (cfr Mc 1,25; 3,12). Con la stessa ingiunzione fa tacere il mare che contiene una moltitudine di demoni che ostacolano con tutte le loro energie l'andata di Gesù verso i territori pagani dove essi hanno il loro quartier generale. L'uomo biblico considera il mare come il luogo dove si raccolgono le forze del male che solo Dio può dominare. I salmi, in particolare, contengono allusioni alla lotta vittoriosa di Dio contro il mostro marino del caos primitivo (cfr Sal 89,10-11; 93,3-4; 104,25-26), contro le acque del mare dei Giunchi o del fiume Giordano (cfr Sal 74,14-15; 77,17-21; 78,13) o, più semplicemente, contro i flutti che si accaniscono contro i naviganti (cfr Sal 107,23-30). L'azione di Gesù, come quella di Dio, è istantanea ed efficace. I discepoli hanno paura di andare a fondo con Cristo, non hanno fede in lui. Il battesimo è andare a fondo con Cristo: essere associati a lui nella sua morte e risurrezione. Questo racconto è un'esercitazione battesimale per vedere se la Parola ha prodotto il suo frutto, cioè la fiducia di abbandonare la nostra vita nelle mani di Gesù che è morto e risorto. Lo stesso giorno delle parabole, i discepoli falliscono l'esame. Ma l'esperimento non è inutile: li sveglia e suscita in loro la domanda: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?". E questa è la domanda fondamentale del vangelo. Il discepolo è colui che, dopo aver ascoltato la Parola, si affida a Gesù che dorme, e sulla parola del Signore, accetta di andare a fondo (morire con Cristo) nella speranza-certezza di emergere con lui a vita nuova (risorgere con Cristo). "Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui" (2Tim 2,11). L'alternativa a questa proposta di Cristo non è stare a galla, ma andare a fondo senza di lui. La fede consiste nel non temere di andare a fondo con Gesù e accettare di dormire con lui che dorme per stare con noi. E' affidare la nostra vita, la nostra morte e le nostre paure al Signore della vita, che si prende cura di noi proprio con il suo sonno (la sua morte che opera la salvezza). Anche il particolare che descrive Gesù che dorme sulla poppa della barca non è secondario. La poppa è la parte della barca che va a fondo per prima. Gesù ci precede nel naufragio della morte e nel risveglio della risurrezione, per esorcizzare le nostre paure e suscitare in noi una fede fiduciosa e fattiva. |