Omelia (23-11-2003) |
Paolo Curtaz |
"Cristo Re dell'Universo". Nostalgie monarchiche della Chiesa? No, certo: ma invito ultimo a riflettere su chi è Dio e su chi è il discepolo di questo Dio. Tenetevi ai braccioli della poltrona, perché ciò che oggi leggiamo è il non-senso di Dio, la negazione dei nostri (falsi) ogni. Non siamo più o meno tutti convinti che Dio sia Eterno, Onnipotente, Onnipresente, Assoluto, eccetera? Non ce lo vediamo che sovrasta l'Universo e la Storia, girando – impercettibilmente e stancamente – lo sguardo sulle sue creature? Non ci sgoliamo nelle preghiere scocciati e affranti quando non veniamo esauditi? Tutto vero. Abbastanza. Perché questo Dio è più sconfitto di tutti gli sconfitti, fragile più di ogni fragilità. Un re senza trono e senza scettro, appeso nudo ad una croce, un re che necessita di un cartello per identificarlo, un re senza potere se non quello (devastante) dell'amore. Ecco: questo è il nostro Dio, un Dio sconfitto. Ma un Dio sconfitto per amore, un Dio che – inaspettato – manifesta la sua grandezza nell'amore e nel perdono. Dio – lui sì – si mette in gioco, si scopre, si svela, si consegna, si ostende. Dio non è nascosto, misterioso: è evidente, provocatoriamente evidente; appeso ad una croce, apparentemente sconfitto, gioca il tutto per tutto per piegare la durezza dell'uomo. Gesù è venuto a dire Dio, a raccontarlo. Lui, figlio del Padre ci dona e ci dice veramente chi è Dio. E l'uomo replica. "No, grazie". Forse preferiamo un Dio un po' severo e scostante, sommo egoista bastante a se stesso, potente da convincere e tenere buono. Forse l'idea pagana di Dio che ci facciamo ci soddisfa maggiormente perché ci assomiglia di più, non ci costringe a conversione, ci chiede superstizione; non piega i nostri affetti, solo li solletica. |