Omelia (03-02-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Marco 5,1-20

Abbiamo già conosciuto la potenza di Gesù contro i demoni (cfr Mc 1,21-28; 1,34; 3,11-12). Ma qui c'è qualcosa di nuovo: siamo nel territorio dalla Decapoli (che significa dieci città), in terra pagana, dove il potere di satana ha maggiore solidità.

Segno concreto della terra pagana è quel numeroso branco di porci al pascolo sul monte (luogo riservato al culto e alla preghiera). Il porco è animale immondo, aborrito dagli ebrei, e che può trovarsi solo in una terra immonda e pagana.

Nell'indemoniato geraseno prevale un istinto di morte: odia la vita degli altri e danneggia la propria, vive nei sepolcri... Il demonio che tiene schiavo quest'uomo si chiama legione: una coalizione di demoni. Combattuti e vinti in terra d'Israele, essi avevano ripiegato in terra pagana. Nella tempesta sul mare (Mc 4,35-41) avevano tentato di fermare l'avanzata vittoriosa del Cristo. Gesù, superata la linea di sbarramento, attacca l'impero di satana al cuore, alla sede dello stato maggiore.

Questo indemoniato viene considerato come il rappresentante-tipo del paganesimo, e ciò alla luce di Isaia 65,1-4: "Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: Eccomi, a gente che non invocava il mio nome. Ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle; essi andavano per una strada non buona, seguendo i loro capricci, un popolo che mi provocava sempre, con sfacciataggine. Essi sacrificavano nei giardini, offrivano incenso sui mattoni, abitavano nei sepolcri, passavano la notte in nascondigli, mangiavano carne suina e cibi immondi nei loro piatti".

Questo pagano ha un nome. In pieno testo greco, risponde con una parola latina: legione. Ricordiamo che la legione romana era formata da seimila uomini. Questa parola evoca la guerra, la presenza e la dominazione romana, personificata da quei "porci" di legionari (il verro era uno dei simboli della potenza imperiale raffigurato sulle insegne dell'esercito romano). E' la demonizzazione dell'esercito romano.

Per Marco che scrive il suo vangelo probabilmente a Roma, capitale dell'impero di satana, in piena persecuzione di Nerone, questo brano potrebbe voler dire ai cristiani: Cristo butterà a mare questa legione di porci indemoniati (i persecutori) e libererà la terra dal potere oppressivo dell'impero romano, che è una manifestazione del potere di satana. A conferma di questa visione della storia si legga Ap 13-20.

Il brano di porci che precipita in mare è certamente una scena sconvolgente per l'"uomo economico" di tutti i tempi. Il Signore sta liberando la terra dal male e dal maligno, e questa liberazione è motivo di gioia, ma questa gioia ha un prezzo salato: la perdita di duemila porci. E i geraseni non se la sentono di pagare prezzi così alti.

Sarà anche un grande liberatore questo Gesù, ma presenta delle parcelle troppo esose. Meglio allora sopportare rassegnati la schiavitù di satana e godere indisturbati la propria ricchezza e le proprie "porcherie". E la loro stessa preghiera suona assurda e sconcertante: "Si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio" (v.17).

Gli uomini parlano tanto di libertà e di liberazione, ma la rifiutano appena si accorgono che c'è un prezzo da pagare.

Al desiderio dell'indemoniato guarito di stare con Gesù, il Signore risponde inviandolo in missione. Egli è diventato apostolo perché è in grado di raccontare ciò che il Signore gli ha fatto. Il vangelo è la buona notizia di quanto Gesù ha fatto per noi. L'evangelizzazione non è tanto un'esposizione di dottrina o di idee, ma un racconto di fatti, una narrazione di quanto il Signore ha operato per noi.

Come Gesù iniziò a proclamare il vangelo nella Galilea (Mc 1,14), così questo indemoniato guarito lo proclama nella Decapoli. E' l'inizio della missione ai pagani.