Omelia (10-12-2003)
Paolo Curtaz


Siamo in attesa della nascita, la nascita del Maestro nel nostro cuore troppe volte dolorante e sanguinante, schiacciato e oppresso, fragile e scostante. La nostra vita non si gioca forse tutt'intorno a questo desiderio profondo di bene, di salvezza, di gioia duratura, di superamento delle fatiche? Gesù è l'unico che può ristorare le nostre anime, l'unico che può con verità accogliere chi è affaticato e oppresso. Gesù è davvero il rifugio della nostra vita, rifugio esigente, però, che ama e consola ma che chiede di imitarlo. Colui che ha conosciuto la tenerezza di Dio diventa testimone e specchio di tale amore per l'umanità, per il fratello che incontra. Viviamo questa giornata di attesa del Natale vivendo con mitezza, cioè in un atteggiamento non-violento ma propositivo e accogliente e umile, cioè consapevole che non possediamo nel nostro cuore la risposta al vivere ma che solo in Dio possiamo ricevere pace e luce. Prendere il giogo del Signore, cioè lasciarsi condurre docilmente, come fa il bue che tira l'aratro: così anche noi, oggi, in obbedienza al Maestro, collaboreremo al dissodare la durezza del cuore degli uomini.

Noi veniamo a te, Signore, stanchi e oppressi, perché solo tu sai dare sollievo e libertà, e ci mettiamo alla tua scuola, per diventare miti e umili di cuore. Marana tha, vieni Signore Gesù!