Omelia (13-12-2003)
Paolo Curtaz


Elia nel popolo di Israele, veniva riconosciuto come il più grande profeta di tutti i tempi. Eliseo, suo discepolo, dovrà raccogliere oltre che il mantello, la pesante eredità di Elia scomparso tra le nubi su di un carro di fuoco. Questo profeta passionale e pieno di zelo, sofferente e tragico – dunque – era scomparso, non morto, e si attendeva la sua venuta per preparare la strada al Messia. Gesù ci dona una sconcertante chiave di lettura: l'Elia atteso, in realtà, era già venuto: si trattava di Giovanni il battezzatore, come Elia pieno di zelo e di rabbia contro il malcostume del popolo. Ma, ammonisce Gesù, Elia non è stato riconosciuto, il Battista è stato visto come un fenomeno da baraccone, per poco tempo ci si è lasciati illuminare dalla sua predicazione.
Tragico destino dei profeti di ieri e di oggi, dei santi di tutti i tempi troppe volte scambiati per fenomeni da baraccone, ignorati e non accolti, suscitano stupore e ammirazione senza produrre conversione e, spesse volte, vengono messi da parte. Attenti a non ripetere lo stesso errore, fratelli, impariamo a riconoscere i tanti segni di profezia che accompagnano la nostra vita, senza sminuirli o interpretarli: il nostro cuore sia aperto a tutto ciò che ci porta, oggi, verso l'incontro e la conoscenza del Signore Gesù.

Elia, Giovanni Battista e i tanti profeti che calpestano le nostre strade, tutti ci ammoniscono a stare desti, a non lasciarci impigrire nell'attesa del tuo ritorno alla fine della storia. Marana tha, vieni Signore Gesù!