Omelia (25-12-2020) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 2,1-14 Buon Natale! Celebriamo la manifestazione pubblica di un fatto che ha avuto inizio 9 mesi prima! A proposito: quale effetto vi fa l'avere anticipato di ben 3 ore la nascita del Figlio di Dio? Dopo secoli di Messa di Mezzanotte - una delle poche certezze che ancora ci rimanevano! -, è crollato un mito che resisteva ad immemorabili. Ora ci toccherà chiamarla Messa delle 21.00! Brutto, non è vero?... Non c'è proprio più religione! Sapeste quanta gente ha telefonato in convento, durante la giornata, per chiederci a che ora fosse la Messa di Mezzanotte! E noi, a rispondere: "La Mezza di Mezzanotte sarà celebrata alle 21.00!"... Evidentemente il mistero di Cristo è così impegnativo e compromettente, che, pur di evitare la fatica di comprenderlo e, più ancora, di viverlo, ci perdiamo a litigare su questi dettagli, che poco niente hanno a che fare con la fede. Sta scritto forse nel Vangelo che Gesù è nato a Mezzanotte del 24 dicembre? Fortuna che il gossip si nutre di banalità!... Noi sappiamo riconoscere il senso profondo della Salvezza; non ci lasciamo frastornare da questi calcoli ginecologico-ostetrici... con tutto il rispetto per i ginecologi/e e le ostetriche. Andiamo direttamente al sodo della questione. È una questione a dir poco drammatica, almeno secondo le parole di Isaia profeta: "(...) Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. (...) Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.". L'avvenire di quel bambino fa tremare le vene ai polsi, potremmo dire, a noi che sappiamo come finirà la vicenda. E questa consapevolezza non si può mettere da parte, nemmeno stanotte! Non voglio indulgere a romanticismi leopardiani... Stasera dobbiamo essere felici, alla faccia del Covid che ci ha rubato anche la Messa di Mezzanotte. Torniamo alla profezia di Isaia, in particolare al soggetto (della profezia), svelato proprio alla fine del racconto, il Signore degli eserciti: Definire "Signore degli eserciti" colui che segnerà la fine di ogni guerra e l'inizio di una pace duratura, suona quasi sarcastico, una colossale presa in giro di ogni velleità espansionistica e di conquista, fondata sull'uso indiscriminato delle armi. Il messaggio del grande profeta manda in crisi, archiviandolo per sempre, lo stereotipo del potere che si regge sulla violenza, al grido di "Allāh akbar", "Gott mit uns" e affini... Il Vangelo ci insegna che c'è più forza in un neonato indifeso che in un esercito schierato... È la forza di una promessa, anzi, della promessa! È questa promessa che ha tenuto in vita un popolo per secoli; è questa promessa che gli ha impedito di cadere nell'avvilimento e nella disperazione, sapendo che Gerusalemme, città della pace di nome, non lo è mai diventata di fatto... È una promessa che regge ancora, e reggerà! Perché la promessa viene da Dio. E Dio mantiene le promesse! Piuttosto siamo noi, al contrario di Maria che pur veneriamo e invochiamo, a mettere i bastoni tra le ruote al Buon Dio, rifiutando la nostra disponibilità, la nostra collaborazione affinché il Suo progetto si realizzi. Esattamente come avvenne in quel tempo: Dio si rivelava, mettendo fine a secoli e secoli di attesa... e che cosa facevano gli uomini? erano impegnati nel censimento... Il censimento era, è un modo elegante - politically correct, si direbbe oggi -, apparentemente indolore e inoffensivo, per fare, in realtà, il conteggio delle forze umane a disposizione del Re. Un Re avveduto, il quale perfeziona a tavolino la strategia militare migliore, se non a invadere, almeno a difendere i confini dagli invasori... E la fede? 1000 anni di storia monarchica avevano fatto dimenticare a Israele da dove veniva la sua forza, il suo potere... da Dio! Lo aveva scelto Lui, Dio, il primo Re, Saul, e anche il secondo, Davide, e pure il terzo, Salomone... La storia di Israele la conosciamo, soprattutto le ultime pagine, non meno tragiche delle prime. Ci vuole un colpo d'ala! Chi di noi è ancora convinto del potere risolutivo delle armi? Credo nessuno! Diversamente non capirei il senso del nostro convenire in Chiesa, a litigare addirittura sull'orario, per celebrare questa nascita e, con questa, celebrare idealmente tutte le nascite; altrettanti momenti nei quali la fragilità diventa l'icona della vita promessa: vita nuova, vita forte, vita ostinata e mai doma. Buona vita nuova a tutti! |