Omelia (25-12-2020)
fr. Massimo Rossi
Commento su Giovanni 1,1-18

Buon Natale!
Stanotte riflettevo insieme con voi sul modo singolare con cui il Signore degli eserciti ha affermato la sua autorità: non con la forza delle armi, ma con debolezza di un bambino.
Il discorso vale anche quest'oggi, alla luce della profezia di Isaia: "Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni...". Eppure l'avvento del Salvatore non fu un evento eclatante, men che meno violento; al contrario, avvenne lontano da tutti e da tutto!
Giovanni lo sottolinea, parlando di luce che risplende nelle tenebre.

Il Prologo risuona anche oggi, come ogni anno, alla Messa del 25 dicembre.
In poche righe il quarto evangelista percorre tutta la vicenda di Gesù, cominciando dal ministero di Giovanni Battista, l'uomo mandato da Dio a convertire, cioè a rivolgere l'attenzione di tutti alla persona di Cristo.
Il capitolo inizia con un incipit solenne: "In principio era il verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.". Lo sanno tutti che Gesù è il Verbo incarnato! Ma non tutti sanno, cioè sono convinti che il Verbo sia Dio.
Molti fedeli pensano che Gesù, in realtà non sia Dio. "Dio è Dio, e Gesù è Gesù..."
Ma, allora, Gesù chi era? Chi è? La questione si agita nella Chiesa fin dal primo secolo, quando, appunto scriveva Giovanni, intorno al 100 d.C. Gesù di Nazareth non era Dio, ma suo figlio, adottato dal Padreterno e da Lui inviato a salvare il mondo. Gesù era un uomo, perfetto, potente, il più perfetto e potente tra gli uomini, il più santo tra i santi,... Ma non era Dio. Fosse stato Dio, non avrebbe potuto morire in croce. A quel tempo, la riflessione teologica non aveva ancora concepito il concetto di Trinità, un solo Dio in tre Persone; non perché la Trinità non esistesse, ma perché, come dogma, venne dichiarato alla fine del secondo secolo.
Dunque, da 18 secoli la Chiesa proclama, annuncia e prega Gesù Cristo, Figlio di Dio, Dio in persona. Sarebbe interessante ascoltare da ciascuno di noi una definizione (personale) di Gesù Cristo... Ne emergerebbero altrettanti racconti di una fede talmente personale e originale da suscitare non poche perplessità in coloro che ascoltano.
Tranquilli, non siamo a scuola e, almeno a Natale, non si danno esami, né in presenza, né a distanza.
Resta il fatto che la fatica a riconoscere Gesù Cristo come Dio, era già stata rilevata da Giovanni: "Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo ha riconosciuto." Da questo mancato riconoscimento conseguì il rifiuto: "Venne fra i suoi e i suoi non l'hanno accolto.".
Non tutti però! Qualcuno che lo accolse come Figlio di Dio, c'era...
Questo è il passaggio più delicato dell'intera pagina: "A quanti però l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo amore, i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati." Proviamo a spiegare: l'affermazione insinuerebbe il sospetto che la fede sia un dato di nascita; si nasce credenti, oppure no.

Molti non credenti invidiamo noi - sarà poi vero che ci invidiano? -, perché, secondo loro, abbiamo ricevuto tale dono, mentre loro no.
In verità il significato del versetto è un altro: la fede non è un dono di nascita, ma una virtù (teologale) che tutti riceviamo nel Battesimo. Tuttavia, se non la utilizziamo, se non la alimentiamo, la fede rimane sterile, e la relazione con Dio non sorge.
Secondo lo scrittore ispirato, credere in Cristo è la riprova che siamo stati generati da Dio.
Dunque, noi non crediamo perché siamo stati generati da Dio, ma, al contrario, siamo generati da Dio perché crediamo!
È tutto chiaro?...magari!!
Beh, ci fermiamo qui. Proseguiremo la riflessione sul testo domenica, 3 gennaio, seconda dopo Natale, quando la liturgia riproporrà ancora il Prologo di Giovanni.
È il momento degli auguri: recitando il Padre Nostro, nella nuova versione, chiediamo il pane della salute, dal momento che la salute manca a molti.
Buona salute a tutti!