Omelia (25-12-2020)
padre Gian Franco Scarpitta
A Betlemme qualcosa di grande

A Betlemme avviene qualcosa di straordinario, collocato tradizionalmente nel cuore della notte: natura divina e natura umana si congiungono in tutt'uno armonico e Dio, eterno, infinito e ineffabile, Creatore e sostenitore del cosmo e della realtà creata, diventa nel pieno senso del termine uno di noi, uomo comune sottomesso alle tappe comuni del ciclo genealogico ed evolutivo, entrando nel mondo sottoposto alla comune tappa dell'infanzia che lo sottopone a due genitori come tanti altri, dai quali riceverà formazione ed educazione alla pari di tanti altri ragazzi, adolescenti e giovani di ogni epoca e di ogni cultura. Dio insomma, preesistente fin dall'eternità, fautore e sostenitore di ogni opera nel cosmo, Provvidenza assoluta e detentore di ogni primato, si fa uomo. La natura divina e la natura umana si congiungono in un tutto soggettivo armonico. Vero Dio e vero uomo, senza confusione fra due nature in una sola Persona. L'eternità entra nel tempo e l'Infinito diventa caduco, finito e circoscritto. Entrando nel mondo il Figlio di Dio diventa anche Figlio dell'Uomo; assume la condizione umana senza retoriche, nulla omettendo di questa, ma osservando tutte le tappe proprie della vita umana, dalla genealogia all'infanzia, fino alla vita professionale e adulta, senza omettere alcuno dei percorsi dell'umano vivere e senza avvalersi di alcun privilegio o di alcuna autorità divina.
. Il Creatore del mondo, che è all'origine di ogni governo e di ogni istituzione, sceglie una discendenza dalla quale si evolverà una lunga somma di generazioni (Matteo) che condurranno a lui; viene concepito da un comunissimo grembo materno, peraltro appartenente a una donna giovane e dimessa; sonnecchia accudito dall'amore di due comuni genitori che lo assistono fra le scomodità delle rocce e delle biade animali; si sottomette alle prescrizioni vigenti sulla consacrazione di ogni primogenito al tempio di Gerusalemme; si espone al pericolo della furia di Erode che costringe la sua famiglia a fuggire in Egitto; si attiene alla formazione scolastica e alle normative di educazione e di crescita previste per tutti i fanciulli e per tutti i giovani del suo tempo; apprende la vita sociale, impara a interagire, si forma come tutti gli altri nell'apprendistato di un mestiere, imparando la vita pratica e conoscendo tutte le lotte, le ansie e i sacrifici a cui sono soggetti gli uomini del suo tempo... Insomma è uomo in tutto e per tutto, non irrompe nella nostra storia ma vi si sottomette percorrendone tutte le tappe e restando asservito ad ogni esperienza che il vivere umano comporta. Fatte salve due sole eccezioni: nasce da una Vergine priva di macchia e di imperfezioni e non familiarizza in alcun modo con il peccato. Se vogliamo essere ancora più precisi, le eccezioni sono tre, perché a differenza di quanto solitamente preferiscono gli uomini, si ha scelto un'umanità fra le più misere, reietta e abbandonate, già riscontrabile nella paglia e nel fieno in cui viene trastullato non appena venuto al mondo. Per nascere nella carne., Dio non predispone per sé le fortezze regali o i palazzi degli imperatori dai giardini lussureggianti; non predilige posizioni sociali di alto rango, non si afferma sulla massa con preponderanze da uomo blasonato e invitto, ma sceglie la miseria, l'oppressione, la persecuzione; si prodiga per condividere ansie, problemi, difficoltà e asperità proprie dell'umanità più debole e sottomessa, recando sulle spalle per tutta la vita il fardello di tanta umiliazione. Tutto ciò che infatti riscontriamo nella Divina Infanzia di Gesù quanto a sottomissione, umiliazione, povertà e semplicità di vita, lo troveremo anche in ogni tappa della sua vita ministeriale pubblica e soprattutto nell'ora del suo acme inevitabile, che sarà quello dell'autoconsegna per noi sulla croce.
Le stesse bende che avvolgono ora il Fanciullo nella mangiatoia di Betlemme, le ritroveremo sparse sul pavimento del sepolcro di Gerusalemme; la stessa fuga che ora gli vediamo intraprendere dalla foga di Erode, la riscontreremo nel suo sgomitare fra scribi e farisei che improvviseranno sassaiole perché vorranno la sua pelle; lo stesso sangue esile che scorre nelle piccole membra in preda al freddo notturno scorrerà al Getzmani accanto al sudore, proprio nella notte dell'abbandono e del tradimento.

Ma perché questa scelta divina di umanità? Perché questa volontà di Dio Verbo di Incarnarsi in una deplorevole condizione e di vivere nella più deplorevole delle condizioni umane?
Oggi abbiamo il prontuario di tante risposte elaborate in virtù dalla rivelazione stessa, che non possiamo che far nostre e che siamo tenuti a meditare e ad approfondire: Dio si è fatto uomo per salvarci e per riconciliarci con il Padre (Catechismo Chiesa Cattolica), poiché Dio ha tanto il mondo da mandare il suo Figlio vittima di espiazione per i nostri peccati e perché in questi noi trovassimo la vita (1Gv 4, 9- 10). Poiché poi il peccato è la vera schiavitù opprimente dell'uomo, Dio ha assunto un corpo e un'anima perché noi fossimo liberati dal peccato e perché fossimo partecipi della natura divina (2Pt 1, 4). Conoscendo Cristo nella carne e configurandoci a lui, possiamo anche noi diventare figli di Dio e conoscere la verità, quella verità che ci fa liberi (Gv 8, 31 - 32). Non c'era infatti altra via più adeguata ed efficace se non quella dell'incarnazione perché l'uomo potesse familiarizzare con Dio e così diventare (in un certo qual modo) Dio egli stesso, superandosi, colmando le proprie lacune e raggiungendo così i suoi ideali di verità, di pace e di libertà. Se Dio avesse conosciuto un espediente più appropriato per interloquire con l'uomo, se avesse individuato una forma di dialogo e di interazione e un linguaggio più concreto per interagire con noi intorno alla salvezza e alla vita, certamente lo avrebbe messo in atto; nulla anzi gli avrebbe impedito di convincerci sul nostro peccato con sistemi ben più perentori quali la condanna o la coercizione; avrebbe anche potuto avvalersi della sua signoria e della sua padronanza per debellare questo mondo umano nefasto e immeritorio. Ma se ha voluto farsi uomo egli stesso, umiliandosi e spogliandosi delle sue grandezze e vivendo le stesse esperienze di vita con noi, ciò è stato perché l'incarnazione è di fatto l'unico mezzo possibile per dimostrarci nell'evidenza che è possibile vivere da uomini secondo Dio e che la perfezione che è in grado di guadagnare la salvezza è la vita non è una chimera o un obiettivo irraggiungibile. Dio si è fatto uomo perché l'uomo potesse diventare Dio (S. Atanasio).
Non abbiamo però menzionato il comune denominatore che sottende a tutte le motivazioni appena esposte, ragione fondamentale per cui Dio ha voluto incarnazione, cioè l'amore smisurato per l'umanità. Solo chi ama intensamente e senza interessi è in grado di conoscere fino in fondo i problemi, le difficoltà e le necessità della persona amata per poi agire a suo vantaggio nel modo più appropriato; Dio, che è Amore, appunto perché ci amava senza riserve poteva conoscerci tutti e ciascuno fino in fondo, in modo da ritenere necessario doversi incarnare per condividere le nostre ansie e le nostre lacune e da queste risollevarci e intanto essere per noi via, alla verità e alla vita (Gv 14,6). Solo l'amore poteva fare prodigi a nostro vantaggio al punto che Dio si incarnasse in un Bambino per diventare il nostro compagno di avventura prima ancora di farsi nostra guida.
Nell'amore e nella comunione vicendevole che il Dio Bambino ha voluto apportare nella nostra vita, cerchiamo di perseverare perché sempre possiamo guadagnare la vita.
BUON NATALE A TUTTI