Omelia (25-12-2020) |
diac. Vito Calella |
Dio si è fatto portatore di carne perché l'uomo possa divenire portatore di Spirito. Le tenebre ci sono e dobbiamo convivere con esse. Le tenebre sono un segno simbolico. Possono rappresentare per tutti noi oggi la situazione di pandemia che avvolge tutta l'umanità e ci costringe ad affrontare dure prove. C'è chi rimane contagiato e deve affrontare l'incognita della lotta contro questo virus che può anche complicare la salute e portare alla morte. Gli ultimi degli ultimi, gli ammalati con gravi patologie degenerative, sono costretti alle tenebre della mancanza di relazione con i loro cari. Ci sono altre tenebre nel mondo: sono le migliaia di dislocati del popolo mozambicano della provincia di Cabo Delgado, fuggiti all'orrore delle incursioni terroristiche di gruppi islamici radicali, che hanno già provocato stragi e distruzioni sotto l'indifferenza totale dei mezzi di comunicazione occidentali, solo preoccupati a guardare alla pandemia e alle restrizioni al consumismo del tempo natalizio. Al tempo del profeta Isaia c'era la grande tenebra della guerra, con tutto quel sistema di alleanze tra i regni e di predominio dell'Assiria, impero di turno. Il re Acaz di Gerusalemme aveva rifiutato di fare coalizione con il re di Israele e quello di Siria contro la potenza degli Assiri. I due piccoli regni mossero guerra al regno di Giuda. Il re Acaz chiese aiuto agli Assiri. Gli Assiri vennero e distrussero il Regno di Israele, costringendo il re di Gerusalemme ad un pesante vassallaggio. Bastò un tentativo di ribellione per provocare l'assedio di Gerusalemme da parte degli Assiri, miracolosamente finito per problemi interni all'impero: una luce improvvisa rifulse in quelle tenebre ingarbugliate di alleanze, sottomissioni, guerre, assedi e deportazioni. La nascita del figlio del re discendente di Davide moltiplicava la gioia. Quella guerra ricorda tutte le guerre dimenticate in corso in tante parti del mondo, guerre regionali che sommate insieme sono una terza guerra mondiale a bassa intensità. Si può essere anche afflitti dalle tenebre esistenziali delle depressioni, delle perdite di senso della vita, così ridotta al piacere immediato del consumismo e così condizionata del sistema economico. «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1). Nel mezzo di queste tenebre appare e risalta una luce: l' «Io ci sono». La luce nelle tenebre è l' «Io ci sono» del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo, è l' «Io ci sono» divino nelle tenebre dell'umanità e della creazione. Il buio più fitto e pauroso della negazione dell'essenziale che è la relazione di comunione nel rispetto gratuito dell'altro è segnato dalla presenza fedele ed eterna dell' «Io ci sono» del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. Non siamo abbandonati alla potenza della pandemia, del terrorismo, della guerra, del sistema globale di consumismo, dell'isolamento forzato. Non siamo lasciati soli nelle tenebre provocate da chi vive illuso di confidare unicamente nella propria libertà individuale, pensando di essere come un Dio. C'è sempre stata un'altra iniziativa, misericordiosa e liberante, paziente e gratuita, rispettosa della libertà di ogni essere umano. Essa si è rivelata nella storia del popolo di Israele riscattato dalla schiavitù dell'Egitto, risollevato dalla grande crisi dell'esilio di Babilonia, amato fedelmente nonostante le ripetute violazioni dell'alleanza sancita attorno ai dieci comandamenti. È l'esserci del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo nella storia dell'umanità e della creazione, è l' «Io ci sono». La luce piena dell' «Io ci sono» divino si è avverata con il compiersi della venuta del Figlio del Padre nella nostra condizione umana. È il mistero dell'incarnazione, cioè del «Verbo di Dio fatto carne» (Gv 1,14). La luce dell' «Io ci sono» nella storia dell'umanità, è ora per noi il «sole di giustizia che sorge dall'alto» (Lc 1,78b) contemplato nel bambino nato a Betlemme, deposto in una mangiatoia per gli animali. La luce del «Salvarore Cristo Signore» avvolge i pastori prima ancora che essi lo incontrino deposto sulla mangiatoia. «Un angelo del Signore si presentò ai pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge; e la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2,8- 9a). «La luce per rivelarsi alle genti e la gloria del popolo Israele» (Lc 2,32) cominciava ad avvolgere gli ultimi, i più disprezzati, i cosiddetti lontani ed impuri, non degni di accedere alla sinagoga e al tempio, avvolgeva i poveri, gli scarti di quel tempo. Prima ancora di incontrare «la luce vera, quella che illumina ogni uomo, venuta nel mondo» (Gv 1,9) i pastori ne furono avvolti: furono avvolti dalla «gloria del Signore», furono avvolti dalla gloria del «Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). La presenza raggiante del Figlio eterno del Padre nel bambino Gesù deposto nella mangiatoia, già preannuncio della presenza viva e vera di Gesù nel pane e nel vino ad essere mangiato da noi, sarebbe diventata presenza gloriosa dello stesso Cristo risuscitato, Salvatore e Signore, nella carne di tutti i poveri del mondo, rappresentati dai pastori di quella notte santa. Dio si è fatto portatore di carne perché l'uomo possa divenire portatore di Spirito. Il racconto della nascita di Gesù ascoltato nel Vangelo può rimanere semplicemente un bel ricordo romantico, descritto anche artisticamente attraverso tutti i presepi realizzati nelle nostre chiese e case. Ma il Vangelo ci invita a leggere quel racconto alla luce della morte e risurrezione di Gesù, perché la pienezza del mistero dell'incarnazione, di cui la nascita di Gesù è solo una tappa iniziale, sta nella luce della pasqua del crocifisso risuscitato che dona a tutti noi, a partire dai più poveri, lo Spirito Santo, cioè la grazia, cioè la gratuità dell'amore divino. Sant'Atanasio di Alessandria commentava così il santo Natale: «Dio si è fatto portatore di carne perché l'uomo possa divenire portatore di Spirito». Sia vero Natale nella nostra vita prendendo consapevolezza di essere ciascuno di noi, in comunione tra noi cristiani e in comunione con tutti gli ultimi del mondo, portatori della luce gloriosa dello Spirito Santo già presente nel cuore di tutti gli uomini e donne amati e amate dal Padre! È inutile ritrovarsi a celebrare il natale, tra l'altro colorato da tante luminarie, da tanti regali, da cibi succulenti della nostra tradizione culinaria, se non abbiamo la consapevolezza del regalo dei regali già donato a ciascuno di noi: la luce dello Spirito che abita in noi, la presenza della "grazia divina" nel cuore di tutti gli uomini. A partire dal giorno della nascita del bambino Gesù, a partire da quell'esistenza umana culminata con la morte di croce e la risurrezione, «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11). In quanto portatori dello Spirito Santo, noi oggi siamo il corpo di Cristo nel mondo, siamo noi oggi i generatori del Cristo per le nuove generazioni, siamo noi oggi i missionari chiamati a cristificare il mondo, a dire a tutti che tutta la storia dell'umanità e della creazione è ricapitolata in Cristo (Ef 1,10). Natale non è dunque un solo ricordo. È responsabilità di una vita luminosa, guidata dallo Spirito, andando certamente controcorrente con la paganizzazione del natale realizzata dal sistema commerciale che esalta Babbo Natale e si dimentica del vero festeggiato. Siamo dunque portatori dello Spirito, «rinnegando l'empietà e i desideri mondani e a imparando a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2, 12-14). |