Omelia (25-12-2020)
don Mario Simula
Una natività da contemplare

Cosa contemplano i miei occhi?

Il cuore del mondo: una famiglia di Nazareth, trasferita per qualche tempo a Betlemme, per adempiere la legge.

Vedo uno sposo e un padre, Giuseppe. Ammiro l'amore una madre e sposa, Maria, ormai vicina al parto. Sono abbagliato da un fuoco irresistibile: un Bambino, misterioso e vicinissimo a ciascun uomo e a ciascuna donna che vengono nel mondo.

Contempliamoli insieme mentre, come poveri viandanti, cercano accoglienza e vanno alla ricerca di un alloggio che permetta alla donna la discrezione gioiosa per un parto ormai imminente.

Li guardo con l'amore istintivo di chi non sa che cosa abbia davanti agli occhi, eppure intuisce il mistero che ha davanti agli occhi. Nella scena, quasi impercettibile, non c'è il buio della notte, ma rifulge una grande luce che squarcia la notte. La ferisce mortalmente.

Il loro passaggio, dimesso e invisibile, moltiplica la gioia e aumenta la letizia dell'umanità. Porta il Tesoro: un Bambino che sta per nascere, come figlio dato a noi. Lui è la Pace.

E' un Bambino che alimenta un sogno e rivela una visione: è Dio che intreccia un dialogo con la storia dell'umanità.

Per la Madre sta per compiersi il miracolo più inspiegabile. Maturano i giorni del parto.

Una donna col ventre gonfio di vita, dà tutta la Vita anche a due piccolissime mani perché tocchino la luce, la stringano come uno dono da seminare nella terra.

La Madre compie i gesti più teneri della femminilità. Pulisce il bambino dal sangue. Lo avvolge in fasce, lo depone su una mangiatoia, dopo aver cantato con Lui il primo vagito dell'esistenza.

Giuseppe, padre nato per custodire la fragilità di questa Creatura, guarda con lo stupore dell'uomo che conosce il parto soltanto per visione non nel ventre; lo conosce con gli occhi e con le mani che diventano delicatissime, benché siano callose di fatica.

Il Bambino è lì, a portata di mano e di carezze, per far sentire alla Città del mondo che non più "abbandonata", ma "ricercata" dall'Amore impenitente di Dio.

Sempre la bontà di Dio scorre come un fiume inarrestabile, come un contagio di speranza.

I pastori, gli ultimi, i "nessuno", sono bruciati dal desiderio interiore che viene dal Cielo, e "senza indugio" vanno fino a Betlemme per contemplare, anch'essi, la più naturale e miracolosa esperienza umana. Si stupiscono. La Madre si stupisce alle loro parole di felicità e le custodisce gelosamente nel cuore.

Che cosa stiamo contemplando?

Una Voce! Il mio diletto, l'Amato del mio cuore. L'universo che prorompe in un canto di gioia e i figli degli uomini consolati, da oggi e per sempre, direttamente dal Signore.

L'annuncio, fatto infinite volte attraverso le voci indecifrabili dei profeti, "si fa" esistenza palpitante davanti ai nostri occhi. Il Bambino muove le mani felici. Sono mani che sanno già accarezzare i volti rigati di pianto, sanno stringere le piaghe dei lebbrosi, sanno consolare, rasserenare, confortare ogni dolore.

Contempliamo la Parola che entra in dialogo con noi, che intesse legami, che riverbera Luce.

Contempliamo la Parola invisibile che si fa "carne visibile", che si lascia toccare, afferrare, mangiare.

Sento il bisogno di dare volto alla contemplazione.

La strada è lo sguardo.

"Gesù, posso guardarti negli occhi? Possiamo stare insieme e a lungo gli occhi negli occhi?

Vedo una profondità vertiginosa e familiare. Non comprendo tutto. Eppure tu mi sveli tutto. Non hai segreti con me e per me.

È sconvolgente il battito del tuo cuore. Non ha riposo. Continuamente irrora bellezza e amore.

Ci siamo tutti in quel cuore dilatato verso orizzonti infiniti. Ci sono anche io in quel cuore accogliente.

Fisso i tuoi occhi, Gesù, senza paura né soggezione, come se li avessi imparati a memoria da una vita. Fammi rimanere ancora un poco. Non sono stanco.

Mi accorgo con allegrezza che i tuoi occhi sono attraversati dalla freschezza di un silenzio leggero.
Parlano da soli i tuoi occhi. Dicono tutto con la Luce. Parlano alle mie tenebre. Ma la Luce dei tuoi occhi brilla nelle mie tenebre, perché io ti accolgo e tu mi fai diventare figlio di un Amore che si chiama Amore.

Gesù, se l'oscurità talvolta mi avvolge nella sua prigione, so che trovo sempre i tuoi occhi. Ed io starò con te, gli occhi negli occhi".

Lo sguardo corre verso la Madre, donna dagli occhi grandi e belli, per tutte le "cose" che sanno custodire.

"Madre, Maria. I tuoi occhi sono lo specchio di uno splendore tenerissimo e commovente. Tu donna senza ombra di male e per questo samaritana di ogni nostro male e di ogni nostro lamento. Ti guardo intensamente con la delicata curiosità di chi vuole rubarti qualche segreto. Voglio contemplare nel tuo sguardo tuo Figlio. Mi farai conoscere i segreti sconosciuti del suo cuore. Tu Madre li custodisci dentro di te come una memoria inestimabile. Vedo nei tuoi occhi la gioia, la commozione, la tempesta di emozioni, il momento presente e i giorni che verranno. Anche il grido della croce.

Vedo nei tuoi occhi la pace, dopo aver ritrovato integro e sublime l'amore di Giuseppe. Vedo anche il tuo cuore, al quale stringi le nostre povertà e i nostri limiti. E anche le nostre speranze.

Maria, donna del parto, donna del latte, donna delle carezze che rassicurano tuo figlio.

Maria, donna della dignità femminile. Della tenerezza femminile e materna. Dell'abbraccio stretto e liberante. Ti guardo occhi negli occhi e mi sento amato con lo stesso amore del Bambino".

Lo sguardo è attratto da Giuseppe, uomo dagli occhi riservati e pudichi, uomo dallo sguardo silenzioso e inebriato di racconti.

"Giuseppe, voglio sapere dai tuoi occhi il tuo amore e il tuo dramma. Voglio intuire la tua paternità che non viene dal sangue e dalla carne, ma dalla rivelazione di Dio. Tu uomo dei sogni profetici e grondanti di ogni discernimento sapiente. Come sei meraviglioso nel tuo abbandono tra le braccia di Dio! Come sei grande e semplice quando ti fidi di Dio! Tutto è scritto nei tuoi occhi. Tu sei di poche parole. Ma i tuoi occhi sono una narrazione senza fine. A te sono state chieste molte azioni di amore e poche parole sull'amore.

Non erano necessarie per parlarci di te, dei tuoi tumulti, della tua ricerca, delle tue domande.

Dimmi, Giuseppe. Come si diventa custodi del Signore, di Gesù di Nazareth? Come si impara da Lui, mentre il maestro artista sei tu? Giuseppe, quante domande umane vorrei fare ai tuoi occhi. A te che hai conosciuto il lavoro, la bottega e le strade. I clienti e i vicini e a ciascuno hai annunciato quel Figlio, che il Padre aveva affidato alla tua custodia educativa ed esistenziale. Giuseppe del silenzio. Mi piace guardarti fisso per non perdere nessuna parola del tuo silenzio".

Cosa contemplano i miei occhi beati?

Contemplano l'Amore del Padre in una poverissima casa. Contemplano le scelte tenerissime del Padre nel Figlio, il Suo Amatissimo. Contemplano la maternità del Padre nella Madre dell'amore bello. Contemplano la forza e la cura del Padre in Giuseppe, padre prestato a Dio senza contraccambio se non quello di una paternità unica e per niente incompleta.

Sarà questo il presepio che costruisco nel mio cuore. E durerà sempre. Perché l'Amore non conosce tramonto.


Don Mario Simula