Omelia (25-12-2020)
diac. Vito Calella
Quale Dio regna?

«Regna il tuo Dio!»: uno sguardo alla profezia di Isaia.
Non siamo abituati a vivere in regime di monarchia, perché in occidente prevalgono i sistemi democratici. Nei tempi passati era scontato dover sottostare al potere di un re o imperatore e la storia era tutto un susseguirsi di regni.
La Parola di Dio di questo giorno di natale annuncia, per mezzo del profeta Isaia: «Regna il tuo Dio» (Is 52, 7b).
Il contesto è quello gioioso della fine dell'esilio di Babilonia. Il popolo del regno di Giuda (in realtà i più poveri, la gente più semplice ed umile), poteva far ritorno a Gerusalemme e nella Giudea. Il profeta annuncia poeticamente ai pochi rimasti nella città di Gerusalemme ancora distrutta di «prorompere insieme in canti di gioia, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme» (Is 52, 9). Storicamente avvenne il ritorno della carovana degli esiliati. A Babilonia rimasero quei giudei che si erano fatti valere con le loro capacità imprenditoriali e commerciali e confidavano più nei beni materiali che nel Signore Dio. In realtà tornò un piccolo resto di gente umile, tornò quella comunità di poveri, di fedeli ascoltatori delle parole di consolazione dei profeti Isaia ed Ezechiele.
Quella carovana di poveri in viaggio di ritorno, nel suo insieme è identificata con lo stesso Signore re: «Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion» (Is 52,8).
Noi immaginiamo la carovana di esiliati in viaggio di ritorno.
Il profeta vede il Signore stesso, il Dio che regna, in tutto quel resto di poveri di JHWH che sta facendo ritorno a Gerusalemme!
La profezia del profeta, illuminato dallo Spirito Santo, va ben oltre la contingenza storica di quel "segno dei tempi" localizzato e costituito da un semplice viaggio di ritorno di esiliati dall'attuale Iraq all'attuale territorio di Israele e Palestina. In fondo che cos'è un evento storico avvenuto circa 530 anni prima di Cristo, in una porzione geografica irrilevante rispetto al resto del mondo? Eppure: «Il Signore [rappresentato da quel piccolo resto di esiliati in viaggio di ritorno dall'esilio], ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio» (Is 52,10).
Dalla profezia di Isaia al cantico di Giovanni del Vangelo di Natale.
Storicamente che cosa fu la nascita di Gesù a Betlemme, che abbiamo ricordato questa notte?
Fu un "segno dei tempi" piccolissimo, umilissimo, sperdutissimo, avvenuto in un "punto" irrilevante del mondo: in una grotta, in condizioni di povertà, con la testimonianza di gente disprezzata quali erano i pastori.
Come Isaia, così l'evangelista Giovanni, contemplando quell'evento storico così insignificante in quanto fatto accaduto, lo canta come rivelazione eccedente di gratuità e bellezza: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,1-3).
Nella sua grandezza e immensità divina, «Gesù Cristo» è contemplato come mediatore della rivelazione vera dell'Amore del Padre, detta con due parole dense di significato: «grazia e verità» (Gv 1,17).
La rivelazione definitiva del vero volto del Padre, fatta da Gesù Cristo, lo ha reso «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14).
Il poverissimo e comunissimo evento di un povero bambino nella grotta di Betlemme diventa ora «contemplazione della sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre».
La regalità del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo.
Per mezzo del «Verbo fattosi carne» Dio regna in tutta la storia dell'umanità, avendo assunto la nostra condizione umana.
In cosa consiste la gloria della sua regalità?
Consiste nella scoperta meravigliosa che il nostro Dio, veniente a regnare sulla terra abitata e trasformata dall'umanità, è comunione filiale, è relazione di comunione: «gloria = Figlio unigenito che viene dal Padre».
Non solo questo. La gloria della regalità di Dio sulla terra per mezzo del «Verbo fattosi carne» è anche la nostra libera partecipazione, già possibile qui ed ora, a questa vera ed eterna relazione di amore tra Padre e Figlio, perché noi tutti esseri umani abbiamo questa dignità, la più bella e la più vera: a noi che abbiamo scelto di accogliere Gesù e riconoscerlo con il nome di "Figlio unigenito del Padre" «ha dato potere di diventare figli di Dio», ci ha dato la gioia di essere anche noi in comunione con il Padre, anche noi da lui «generati» (Gv 1,12-13).
Se nel bambino Gesù deposto nella mangiatoia di Betlemme vendiamo un figlio, l'evangelista Giovanni ci invita oggi, giorno del compleanno di Gesù, a vedere in quel corpicino carnale e vulnerabile di piccino la «grazia» che è l'eterna comunione del Figlio con il Padre offerta gratuitamente, graziosamente a ciascuno di noi, per essere figli del Padre nel Figlio e quindi fratelli e sorelle tra tutti noi.
Il bambino Gesù nel presepio della nostra chiesa o delle nostre case allarga la sua filiazione divina a Maria, a Giuseppe, ai pastori, a tutta l'umanità. Ma la libertà di aderire a questa «grazia» della comunione è possibile solo tra i poveri, richiede cuori svuotati, cuori spezzati, cuori disprezzati, cuori sanguinanti, cuori arresi al duro vivere, cuori resi alla potenza dell'iniziativa del Padre e non più alle sicurezze umane.
La pienezza di «grazia» di cui il Figlio è portatore è il dono dello Spirito Santo, che lo unisce eternamente al Padre e che ci unisce eternamente al Padre, se riconosciamo Gesù Cristo come il Signore della nostra vita.
In cosa consiste la gloria della regalità del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo, che viene a regnare sull'umanità e sulla creazione per mezzo del «Verbo fattosi carne?». C'è una seconda risposta.
Consiste nella scoperta meravigliosa che il nostro Dio, il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo, veniente a regnare sulla terra abitata e trasformata dall'umanità, è pienezza di verità nella carne del bambino Gesù da noi contemplato nel presepe.
Quella corporeità vivente è cresciuta e si è rivelata a noi, conforme attestato soprattutto nel Vangelo quadriforme, mediante parole e azioni. Per questo Gesù Cristo è cantato dall'evangelista come «Verbo fatto carne», come «pienezza di verità», insieme a «pienezza di grazia»!
La parola «Verbo» indica due cose intimamente connesse tra di loro: il linguaggio delle parole intimamente coerente con il linguaggio del corpo, con le gesta, con le espressioni del volto, con le azioni fatte dalle mani, dai piedi, con l'agire corporale mosso dal cuore, mosso dalla scelta libera e faticosa di stare sempre e solo in comunione con il Padre.
Nella parola «Verbo» c'è tutta la Parola di Dio rivelata, da interpretare immedesimandoci in Gesù di Nazaret così come ce lo hanno testimoniato gli apostoli e ci è stato donato attraverso i Vangeli.
In Gesù Cristo contempliamo la pienezza della verità.
La sua corporeità vivente, in gesti e parole, parole e azioni, ha rivelato la bellezza del volto misericordioso del Padre.
Così anche noi, ma solo da poveri, in comunione con tutti i poveri del mondo, siamo chiamati a diventare corporeità vivente irradiante nella storia dell'umanità la gioia di essere figli amati e la bellezza della misericordia del Padre.
Anche noi diventeremo evangelizzatori, promotori della «pienezza di verità» tutta contenuta nella corporeità vivente di Gesù di Nazaret, ma che diventa anche la nostra corporeità vivente configurata unicamente a Cristo nostro Signore, perché non siamo più noi che viviamo, ma vogliamo che Cristo viva in noi.
La regalità dell'uomo unito alla scienza e al denaro
In questo tempo di pandemia ci si rende conto che non è scontato vivere consapevoli che il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo già regna nella storia dell'umanità e della creazione, per mezzo del Figlio di Dio risuscitato, venuto nel mondo, passato attraverso la prova della croce, come ci aiuta a contemplare l'autore della lettera agli Ebrei.
La sensazione è che voglia regnare l'uomo a tutti i costi con i suoi dei: la scienza e il denaro. Con tutto rispetto della scienza che produce vaccini e tecnologia avanzata in grado di viaggiare nello spazio e arrivare su Marte; con tutto rispetto del denaro che fa la gioia e la sicurezza di tutti noi definiti con la dignità di consumatori, domandiamoci: c'è veramente salvezza assicurata per noi e per tutta la biodiversità naturale che ci circonda confidando unicamente nella scienza e nel denaro?
La domanda finale...
Quale Dio regna nella storia della nostra esistenza personale e nella storia dell'umanità?
A ciascuno di noi la risposta.